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Genere: Classico

Trama:
"Avevo preso l'abitudine di segnarmi le immagini che mi venivano in mente leggendo un libro per esempio di cosmogonia, cioè partendo da un discorso lontano dal meccanismo di immaginazione che mi è consueto."
Da un'intervista di Calvino del 1965

Commento:
Difficile parlare di questo libro e darne una spiegazione che aiuti, chi non lo conosce, ad averne un'idea. Calvino, infatti, con quest'opera riesce ad essere surreale, fantastico, divertente e commovente nello stesso tempo, dando vita ad un libro al di sopra di qualsiasi schema e che può essere compreso solo leggendolo in prima persona. Ogni descrizione che si può tentare risulterebbe riduttiva e non si avvicinerebbe nemmeno un po' a ciò che il libro, nel suo intero, rappresenta.
Partendo da teorie scientifiche come il big bang, lo scrittore narra 12 storie i cui personaggi dal nome impronunciabile (Qfwfq, filo conduttore delle storie, ne è un esempio) sono esseri non ben identificati: non è chiaro cosa siano, dove vivano, che aspetto abbiano, in che periodo siano vissuti. Si tratta, in pratica, di storie visionarie ma così belle che, una volta iniziata la lettura, si prosegue (ridacchiando) con la curiosità di vedere fino a che punto possa arrivare il racconto.
Le storie si susseguono, ciascuna con un proprio filo conduttore diverso dalle altre, in un'alternanza di controsensi, di figure assolutamente fantastiche, di ragionamenti logici ma con una logica del tutto diversa dalla nostra, staccata dalla realtà ma reale, senza punti fermi.
"Cadere nel vuoto come cadevo io, nessuno di voi sa cosa vuol dire. Per voi cadere è sbattersi giù magari dal ventesimo piano di un grattacielo, o da un aeroplano che si guasta in volo: precipitare a testa sotto, annaspare un po' nell'aria, ed ecco che la terra è subito lì e ci si piglia una gran botta. Io vi parlo invece di quando non c'era sotto nessuna terra nè niente altro di solido, neppure un corpo celeste in lontananza capace di attirarti nella sua orbita[...]. Non essendoci punti di riferimento, non avevo idea se la mia caduta fosse precipitosa o lenta. Ripensandoci, non c'erano prove nemmeno che stessi veramente cadendo: magari ero sempre rimasto immobile nello stesso posto, o mi muovevo in senso ascendente; dato che non c'era nè un sopra nè un sotto queste erano solo questioni nominali e tanto valeva continuare a pensare che cadessi, come veniva naturale di pensare."
(Un breve stralcio, tratto da La forma dello spazio)
Inutile cercare di spiegarlo, bisogna solo leggerlo.
(Maria Guidi)



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