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Genere: Poesia

Trama:
Ci sono parole che dicono più di quanto dovrebbero. "Ho visto tua madre sul divano con quell'uomo addosso". Più di quanto vorremmo. "Gli mangio più vicino di quanto pensano". Se ti sfiorano, le riconosci: forse le hai sentite già. "Quando il destino ti passa sopra / ti trascina dove vuole". Restano immobili in un punto di noi. "I rimorsi... le colpe.../ non dovevo entrarci". Che non è la testa e non è il cuore. "Devo andar via. / Qualcuno mi pesterà, lo sento". Perché è tra la testa e il cuore. "Vengo fuori dalla sua bocca aperta. Dentro non gli è rimasto nulla". E poi rallentano, dondolano e si fermano nella memoria. "...pensando all'eternità, / a quel velato mistero/ della vita, dove lento è il passaggio, lento/ il divenire, per uno scarafaggio". (...)
(Dalla recensione di Chiara Lico, scrittrice, giornalista e conduttrice Rai)

Recensione:
"Scarafaggi" di Fabrizio Ansaldo è una raccolta di poesie il cui titolo, che immediatamente richiama Kafka, potrebbe suggerire di collegarla anche al tema generale della natura. Tuttavia, più significativamente, questa è una contemplazione dell'esistenza umana moderna e del significato della vita; l'Autore si sente perso e senza direzione e l'umanizzazione dello scarafaggio ha anche l'effetto di animalizzare l'uomo, la cui presenza si percepisce ma appare solo cadavere, simbolo allegorico di un altrove indefinito.
Il significato più profondo contenuto in queste poesie, che costituiscono la prima delle due parti della raccolta, sintetizza come gli elementi della natura vengano spesso utilizzati per esaminare la nostra esistenza; lo scarafaggio è davvero una metafora o un'analogia per la vita umana, quindi l'Autore umanizza l'insetto attraverso la personificazione, convinto che queste creature, a cui sono applicati emozioni e sentimenti umani, ci sopravvivranno allorché avremo completato l'opera di distruzione del nostro mondo.
Solitamente associamo gli scarafaggi all'essere sporchi, disgustosi, da evitare: potrebbe essere così che il Poeta sente l'uomo? Prova una sorta di vergogna per un'umanità che non sa come muoversi in un mondo che ha reso confuso, dominato da chi calpesta quello che infastidisce, fingendo di sapere cosa sta facendo mentre in realtà non è così?
La mia percezione è che siano le situazioni scomode ad interessare il Poeta, quelle di chi ha poco da perdere o ha perso tutto, che sembrano non consentire seconde possibilità, e non indulge a cinismi esasperati né a logiche lamentevoli, tutt'altro.
Nelle poesie della seconda parte è l'uomo ad essere protagonista, un "io" che si racconta attraverso moltiplicazioni del sé.
Ansaldo traccia, con sapienza, una mappa degli abissi, altrettanti luoghi emotivi e sociali dove, in fondo, l'amore diventa l'ospite indesiderato di una società ingrata che, invece, la poesia chiama a sé come ultima e necessaria possibilità relazionale.
L'Autore non si presenta investito di qualche missione salvifica ed è per questo che la sua scrittura risuona fortemente autentica, indossa gli abiti di chi, per osservare con gli occhi dell'altro, sia esso uno scarafaggio o un gattino, sa contattare la parte più vulnerabile di sé, riuscendo a farsene carico, con lingua risoluta e senza sconti; quella della morte e della vita, della mancanza e del tutto che poi si concretano in un'esistenza dotata di uno straordinario disamore. Quest'ultimo ricevuto e poi inferto.
Notevole e consigliato.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
"Chiedo soltanto,
quando giunga la mia fine,
schiacciato, percosso o sezionato,
il mio liquido faccia vomitare
tanto da mandarvi all'inferno!"
(da "Le mie uova")

"Sono rimaste tutte le grida di quel tempo.
L'aria che non c'è sembra di vederla.
La polvere che cade su di me.
Le ceneri sono ossa frantumate."
(da "Piano, come sempre")

"Perché non ci fermiamo un attimo?
Perché le nostre vite pregano?
Dimmi, fratello, credi sia meglio
proseguire piano, oppure un po' più svelto
sotto lo schifo di questa gente?"
(da "Dove la luce giunge appena")

"Torneremo a migliaia nelle strade.
E dalle punte dei grattacieli,
adoranti alla luna, folli e sciocchi,
canteremo delle gioie e delle sciagure.
Odiati, calpestati e offesi,
intoneremo con loro il cantico
A quel dio cieco che troppo ha preteso
dalle sue creature."
(da "Canto di Resurrezione")

"I cuori della terra battono tamburi.
Le ombre ci lasciano e noi.
Come leoni di pietra, là fuori, noi.
Bambole e soldatini.
senza sapere cosa fare."
(da "Bambole e soldatini")

Dello stesso autore:
Cuori nella ghiacciaia



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