Genere: Poesia

Trama:
Di certi luoghi
si conoscono soltanto i cippi di confine
strade nuvole satelliti
che per sottrazione ne tracciano i lineamenti
ciò di cui vivono è un astratto
contorcersi di amori.

Recensione:
"Reliquie" di Matteo Zambrini è una silloge i cui versi trasmettono un oscuro turbinio di emozioni e ricerca costante del ritmo e della musicalità, che danno forma e corpo alla voce dell'origine della vita, che è in tutti e in ciascuno diversa.
Si nota, in Zambrini, un animo poetico che misura i propri passi, correggendo e ricorreggendo parole su parole, in quell'incedere a ritroso verso la più genuina forma della propria scrittura, in una ricerca spasmodica della parola giusta, essenziale, colma di vita nonostante la parola "morte" risuoni ricorrente.
Ma la morte, a mio avviso, è intesa come l'invito a cogliere in un mondo, in cui tutto cambia, lo spirito primigenio, è un'occasione per riscoprire, in un'altra luce, se stessi attraverso un viaggio, come da titolo, tra ricordi, reliquie di aggraziate e crude mortalità condivise, di grida perse nell'indifferenza del tempo e del mito, restituite nella condizione di un'amara confidenza che si fa arte nella tenacia presenza del suo distacco. E del suo dipingersi, perché Zambrini prima mostra e poi risuona dietro gli accenti di un raccogliersi che improvvisamente si dilata e, pur nell'ombra, dà il senso dell'eterno.
Un discorso dall'ombra come da lezione di autentica poesia, dettata dai banchi di autori che hanno informato e formato tanto il nostro grande novecento.
E' anche palese e forte, il tema del tempo e della natura con i suoi cicli; quello della natura è un tema assai diffuso, quasi inflazionato, ma è altrettanto vero che il particolare rapportarsi di ognuno di noi con la stessa, fa sì che venga vista in un modo del tutto autonomo e personale, e questo vale soprattutto per Zambrini. Se poi c'è chi manifesta il timore di una serie di quadri idilliaci, nella scia di una magica e irripetibile Arcadia, dico subito che non è il caso, perché la natura dell'Autore è indubbiamente poetica, ma reale, cioè non ha nulla di mitico o comunque conforme a canoni arcaici. E' talmente importante che il corso naturale non venga sovvertito, che l'Autore giunge a ipotizzare, in caso contrario, una caduta in un baratro senza fondo.
La silloge è composta da pochi e misurati brani, la maggior parte senza titolo, che non hanno regole, ne inventano di proprie. Sono composizioni che non appartengono ad alcun genere specifico, perché soffrono ogni tipo di costrizione, sono un perenne essere sopra le righe, un detonatore sempre in procinto di esplodere.
Insomma, qui le parole devono riscattarsi e, slegate da ogni vincolo, intrappolano a loro volta il destinatario, che, privo di difese, è costretto a cedere.
Nel momento in cui crea poesia, il Poeta realizza un processo di esplorazione e di conoscenza del sé interiore, della propria interiorità, della propria anima, rinunciando a percorsi già noti, a disegni prestabiliti provenienti dal senso comune. In questo modo, seguendo anche un suo personale percorso onirico, l'Autore realizza la sua creatività e unicità poetica in cui l'anima incontra il suo pensiero e il pensiero trova le sue parole. E' l'anima che si fa parola, immagine, simbolo, relazione, comunicazione.
Una perfetta forma di comunicazione, con se stesso prima che con il lettore, che affascina.
(Luisa Debenedetti)

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