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Genere: Thriller

Trama:
La pioggia di fine estate è implacabile e lava via ogni traccia: ecco perché stavolta la scena del crimine è un enigma indecifrabile. Una sola cosa è chiara: chiunque abbia ucciso la donna, ancora non identificata, l'ha fatto con la cura meticolosa di un chirurgo, usando i propri affilati strumenti per mettere in scena una morte.
Perché la morte è uno spettacolo.
Lo sa bene, Enrico Mancini. Lui non è un commissario come gli altri. Lui sa nascondere perfettamente i suoi dolori, le sue fragilità. Si è specializzato a Quantico, lui, in crimini seriali. E' un duro. Se non fosse per quella inconfessabile debolezza nel posare gli occhi sui poveri corpi vittime della cieca violenza altrui. E' uno spettacolo a cui non riesce a riabituarsi. E quell'odore. L'odore dell'inferno, pensa ogni volta.
Così, Mancini rifiuta il caso.
Rifiuta l'idea stessa che a colpire sia un killer seriale. Anche se il suo istinto, dopo un solo omicidio, ne è certo. E l'istinto di Mancini non sbaglia: è con il secondo omicidio che la città piomba nell'incubo.
Messo alle strette, il commissario è costretto ad accettare l'indagine... E accettare anche l'idea che forse non riuscirà a fermare l'omicida prima che il suo disegno si compia. Prima che il killer mostri a tutti - soprattutto a lui - che è così che si uccide.

Recensione:
Zilahy inizia il suo romanzo con una scena cruda, come se volesse lanciare un monito e nel contempo catturare da subito l'attenzione: in queste pagine non si scherza.
E' una scrittura vibrante la sua, magnetica, che attrae e seduce il lettore. E' un modo di fare letteratura che incanta e conduce nel mondo della trama grazie a descrizioni tridimensionali unite a veri luoghi di Roma, la città teatro della trama. Tutto ciò conferisce al thriller un'aura di autenticità, di verità, di eventi possibili.
Omicidi rituali che lasciano col fiato sospeso per l'enigma che nascondono, legati tra loro dal doppio filo della vendetta e della sofferenza, ricetta potente che muove i lenti a inesorabili passi di un omicida particolare. Colpisce la di lui descrizione: un gigante dagli occhi buoni e tristi.
Se la figura dell'assassino ha note uniche, anche gli altri protagonisti non sono da meno: l'ispettore Mancini, tormentato protagonista alle prese con un lutto irrisolto e la sua squadra sono figure complesse, molto umane, con fragilità e forza ben bilanciate che li rendono empaticamente accessibili al lettore.
L'intera trama ci ricorda le sofferenze che patiscono i malati di cancro, fisiche e psicologiche, ricordandoci che la fine di un malato terminale porta sollievo a chi se ne va, ma lascia nella disperazione dell'impotenza e della solitudine i famigliari che restano.
Zilahy interpreta l'inferno dei sopravvissuti in questo romanzo potente ed emozionante. Una prima opera che si ama da subito, si assapora in ogni capitolo, si termina con rammarico.
Dopo averla letta tutti sapremo perché "il mondo visto frontalmente è illeggibile" e il mondo di Zilahy è oscuramente incantevole.
(Tatiana Vanini)

Dello stesso autore:
L'uomo del bosco
La forma del buio
Così crudele è la fine



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