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Neanche gli Illuministi emettono più fattura
di Michele Antonelli

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    Casa Editrice: Elison Publishing - 82 pagine
    Disponibile in formato ebook




  • Genere: Narrativa

    Trama:
    Nacque per caso l'idea di mettere insieme una raccolta di situazioni in cui il non-sense si fondesse col gioco di parole, portando al rovesciamento di una realtà nella quale sia il mondo ad adattarsi al linguaggio e non viceversa.
    Ad ognuno degli undici racconti corrisponde una differente situazione, che rappresenta il vero unico punto fermo attraverso il quale al lettore è consentito un appiglio narrativo: un appartamento, una telecronaca, un bar, un sottomarino..., dove anche il fattore tempo appare come elemento del tutto ininfluente, e nel quale si muovono uno o più protagonisti, i quali si trovano a fare i conti con una realtà in continuo divenire, farcita di personaggi dalla natura più imprevedibile e mutevole: oggetti, persone, concetti astratti.
    Il linguaggio è un uso ricreativo della parola, dove la grammatica, non più una rigida gabbia, divenga un sistema di regole del quale farsi beffe, aprendo un enorme spazio da gioco. La formula è dunque quella di giocare con la metrica, la punteggiatura e la morfologia delle parole, mettendo a frutto la lezione Patafisica nel prendere in giro tutto ciò che è empirico e demolire sistematicamente chi si prende troppo sul serio.

    Recensione:
    "Neanche gli illuministi emettono più fattura" di Michele Antonelli, è una raccolta di racconti apparentemente votata all'espressione di un nonsense ricco di vuote parole fini a se stesse, una serie di divertissement narrativi privi di scopo o significato, in realtà è una sorprendente prova di estro e creatività in cui trovate bizzarre e surreali si intrecciano a riflessioni esistenzialiste, tanto minimali nella forma quanto profonde nel contenuto...
    L'Autore dipinge una realtà deformata, dove i protagonisti dei racconti si muovono spinti da una necessità caricaturale che paradossalmente li fa emergere nella loro verosimiglianza. Il risultato è una sorprendente alternanza tra gioco letterario e riflessione.
    L'eterogeneità dei racconti si contrappone all'omogeneità del processo creativo, si potrebbe definire un processo infettivo in cui l'Autore parte da un'idea che cresce e abbatte le difese rigide del pensiero e della scrittura tradizionale. La gamma delle fonti di ispirazione è ampia: la scena di un film, una battuta, il ritornello di una canzone, un proverbio, uno spot pubblicitario e i libri.
    Grazie a questo stile originale, ricco e sincopato, la lettura di ogni storia diventa una corsa forsennata dalla prima all'ultima parola. Pur nell'ampia varietà di forme e artifici narrativi che differenziano i racconti, i personaggi rappresentati sono estremi, caricaturali, capaci però di mettere in luce, in una sorta di processo per antitesi, la reale natura del l'essere umano.
    Un elemento comune a tutti i testi della raccolta è un costante senso di urgenza, di necessità impellente. Siamo esseri umani, diversi dagli animali, grazie alla necessità, è scientificamente provato: ogni conquista, sia tecnologica che sociale, è figlia della necessità. Anche essere umani, a ben vedere, è una necessità quindi la necessità ha fatto anche cose buone, mutuando una terminologia del dibattito politico odierno.
    Tratto distintivo dell'opera, evidente già nella scelta del titolo, e successivamente dei titoli dei racconti, è il gusto per i giochi di parole, le ambiguità semantiche, la polisemia, che nasce dalla voglia di prendere in giro la realtà. A volte cambiando una lettera, o mutandone l'accento, si stravolge una lettura o si crea qualcosa di buffo. Proprio questa tendenza produce nel lettore un senso di straniamento, quando si ritrova a domandarsi se il senso attribuito alla storia sia corretto o meno e ripercorre a ritroso quanto appena letto, alla ricerca di prove a sostegno della propria prima impressione, chiedendosi se sia soltanto frutto del bisogno umano di riempire di significato qualcosa che, in questo caso, dichiaratamente, non ce l'ha.
    A Antonelli piace giocare con il lettore che, per regolamento o per tendenza, deve vedere un sostrato di significato dove non c'è e tutto si esaurisce nel significante. Proprio i significanti, le parole, all'interno del racconto, che ha di per sé un'importanza relativa, hanno importanza assoluta.
    Undici racconti che esplorano la lingua e le sue sottigliezze in uno stile giocoso, espressivo e turbolento, pazzo, insolito e diabolicamente seducente. "Filippo il bello si faceva bello per il ballo e non s'accorse di Nulla che intanto lo guardava con occhi vacui dallo spicchio di uno specchio appeso a caso col peso dipeso dal vaso di raso".
    Buon viaggio nella terra delle parole, del neologismo, della malizia e del ritmo.
    E ricordate: un amico contrariato è "ocima"
    (Luisa Debenedetti)



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