Logo Libri e Recensioni

Iscriviti alla Newsletter per ricevere GRATIS i nostri aggiornamenti.


Suicidate Attilio Manca
di Lorenzo Baldo

  • Acquista questo libro su laFeltrinelli.it
  • Acquista questo libro su Ibs.it
  • Acquista questo libro su Mondadoristore.it
  • Acquista questo libro su Libraccio.it
  • Acquista questo libro su Amazon.it

    Casa Editrice: Imprimatur - 264 pagine
    Disponibile in formato cartaceo e ebook




  • Genere: Informazione

    Trama:
    E' il 12 febbraio 2004. A Viterbo, in un appartamento di via Monteverdi viene ritrovato il cadavere di Attilio Manca. Il corpo del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), che operava all'ospedale di Viterbo, è riverso trasversalmente sul piumone del letto, seminudo. A causarne la morte, come accertato dall'autopsia, l'effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam. Sul suo braccio sinistro i segni di due iniezioni. Per la Procura di Viterbo non c'è dubbio, si è trattato di un suicidio. Ma Attilio Manca è un mancino puro. Non ha alcun motivo per suicidarsi. E, soprattutto, dietro a questa misteriosa vicenda si intravede l'ombra di Cosa nostra. Il giovane urologo, specializzato nella tecnica laparoscopica, potrebbe aver assistito all'intervento alla prostata al quale nel 2003 era stato sottoposto Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia, o quanto meno potrebbe averlo visitato prima o dopo l'intervento. Sullo sfondo gli apparati deviati di uno Stato che non ha alcun interesse a fare luce su questa strana morte. A dodici anni di distanza Fabio Repici e l'ex pm Antonio Ingroia, legali della famiglia Manca, vogliono un processo sulla base delle rivelazioni di boss come Giuseppe Setola e Carmelo D'Amico. Un lungo viaggio alla ricerca della verità.

    Recensione:
    "La mafia ordina - Suicidate Attilio Manca" di Lorenzo Baldo non è un libro di denuncia, è semplicemente una storia vera ambientata nella nostra epoca, è un libro che mi ha profondamente colpita, soprattutto dal punto di vista umano poi, volendo parafrasare Shakespeare, direi che in Italia c'è del putrido.
    La storia inizia il 12 febbraio 2004. Un brillantissimo urologo siciliano di 34 anni, Attilio Manca, il primo in Italia ad operare il cancro alla prostata con il sistema laparoscopico, viene trovato morto, riverso sul letto nella sua casa di Viterbo (città in cui lavora). Sono evidenti due buchi al braccio sinistro e a poca distanza vengono trovate due siringhe. Il suo volto è tumefatto, il setto nasale è deviato. I testicoli sono grossi come arance e presentano un'evidente ecchimosi. I magistrati laziali non hanno dubbi: il giovane medico si è iniettato due "pere" di eroina, dopo aver ingerito tranquillanti ed è morto. Peccato che lo abbia fatto nel braccio sbagliato, perché Attilio Manca è un "mancino puro" e quei fori si sarebbero dovuti trovare nel braccio destro. E peccato pure che quelle due siringhe siano state analizzate dopo "solo" otto anni, senza che venissero trovate impronte digitali, né di Attilio né di altri. E allora perché i magistrati si ostinano a portare avanti la tesi del suicidio per overdose? Il sospetto della famiglia, e dell'avvocato di parte, è che dietro questo assassinio, camuffato da "inoculazione volontaria" di eroina, ci sia l'operazione di cancro alla prostata alla quale, nel 2003, era stato sottoposto a Marsiglia il boss corleonese Bernardo Provenzano, l'uomo della Trattativa Stato-mafia, in quel periodo latitante, ipotesi confermata dall'intercettazione telefonica di un uomo molto vicino al boss e da cui si scopre che questi era stato seguito da un urologo italiano molto bravo.
    La politica, poi, si è frapposta al già difficile cammino della verità: c'è addirittura la notizia di una telefonata di Giorgio Napolitano per chiedere notizie al riguardo. Quando mai un Presidente della Repubblica si informa di una persona morta per droga? E perché Napolitano non ha chiamato la famiglia per confortare e poi, chi meglio dei familiari avrebbe potuto dargli delucidazioni?
    La storia di Attilio Manca è dunque un'altra tessera del puzzle, che non quadra, chiamato "Trattativa Stato-mafia", un ennesimo nocciolo di assurdità legato alla storia dannata della nostra nazione. Per anni si è ceduto al silenzio, non solo per paura o per rabbia, ma anche perché il sentimento dello sdegno ha assorbito tutto, anche la voce. Perché come si fa a trovare parole per commentare certe bassezze cui si arriva pur di seguire la deriva? Perché una sola cosa è certa: di deriva criminale si tratta... dello Stato, della Magistratura, del singolo cittadino.
    La mafia non è sempre bombe, sparatorie e massacri. La mafia di oggi tende a stare lontana dalle azioni che destano l'attenzione pubblica. Le famiglie delle vittime sono spesso isolate e sole. In molti casi i loro reclami sono rimasti inascoltati. Il tipo di violenza inflitta può essere sottile, difficile da individuare e identificare. Le indagini sono lunghe e estenuanti. Le prove si trascinano per anni. Chi, per ragioni diverse ha avuto familiari che hanno perso o sacrificato la propria vita al crimine organizzato, è lasciato ad affrontare un senso di disperazione e di dolore per tutta la vita. Ci sono, inoltre, situazioni in cui i familiari che denunciano apertamente un'ingiustizia che coinvolge la mafia diventano loro stesse prede.
    E' il caso di Angela, Gino e Gianluca Manca implacabili nella loro ricerca di giustizia e, in una città come Barcellona Pozzo di Gotto, dove la mafia e la vita quotidiana sono costrette a convivere, corrono anche il rischio di diventare nemici pubblici.
    Queste tre persone fanno breccia nel cuore dell'autore e, tramite questa forte empatia che si è creata, ci sono momenti durante la lettura in cui si viene colpiti da un pugno allo stomaco e si sente l'urlo lancinante di una madre che non si è mai arresa, non si arrende e mai lo farà. Angela Manca è una una donna dolcissima, perbene, lucida ma determinata ad andare fino in fondo. Una madre alla quale viene ucciso un figlio è una madre che muore assieme a lui, ma si aggrappa alla vita perché ha un solo fine: fare verità e giustizia, non vendetta per suo figlio. Non passerà istante della sua esistenza affinché quella cupa disperazione, quell'immenso dolore, quella eterna voglia di piangere e di morire, non trovino senso nella cattura degli assassini. Gianluca, il fratello di Attilio è energico come la madre, il padre Gino è il più sensibile ma quando c'è da organizzare qualcosa diventano una persona sola.
    Consapevoli che molti li considerano dei pazzi, dei visionari, dei calunniatori, loro vanno avanti lo stesso per Attilio che, oltre ad essere stato un figlio meraviglioso, era una persona speciale e merita giustizia.
    E' un libro avvincente, che va letto, se non altro per informarsi su questa triste vicenda che i media hanno fatto in fretta a insabbiare.
    La morte di Attilio Manca, leggendo la parte relativa alle indagini e ai lavori della Commissione Antimafia, non fu solo interesse di Cosa nostra, ma anche dello Stato; ricordiamo che Provenzano ha consegnato Riina alla giustizia, come si spiegherebbe altrimenti una latitanza di 43 anni se non grazie ad un accordo? Lo Stato non ha mai voluto sconfiggere la mafia, le organizzazioni criminali sono il braccio armato di certo potere politico. Attilio è stato ucciso perchè avrebbe potuto spezzare, con una sua eventuale testimonianza, questo sistema criminale?
    Il libro non si sofferma più del dovuto sul caso giudiziario, il lato umano della vicenda si insinua prepotentemente ponendo attenzione sulla sofferenza di Attilio Manca e dei suoi familiari.
    Il lettore è condotto ad interrogarsi sul perché degli eventi, a provare rifiuto e indignazione per le implicazioni generali della protervia mafiosa con le sue possibili relazioni tra settori deviati dello Stato e dei servizi, ma soprattutto per quanto questa famiglia siciliana ha dovuto subire, durante la ricerca della verità, sentimenti che nascono spontanei man mano che ci si addentra in questo dramma familiare, umano, sociale.
    Da leggere.
    "...e come gli altri, verso l'inferno
    te ne vai triste come chi deve,
    il vento ti sputa in faccia la neve.
    Fermati Piero, fermati adesso
    lascia che il vento ti passi un po' addosso,
    dei morti in battaglia ti porti la voce,
    chi diede la vita ebbe in cambio una croce."

    "La Guerra di Piero" era la canzone preferita di Attilio...
    (Luisa Debenedetti)



    POTREBBE INTERESSARTI ANCHE





    Il libro consigliato

    Il libro consigliato

    Iscriviti alla Newsletter...

    newsletter ...per ricevere ogni settimana le ultime novità dal nostro sito.

    Iscriviti qui!

    Cerchi un libro?

    Inserisci il titolo, parte del titolo o il nome dell'autore:



    Norme sulla privacy