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Tatiana Vanini, per Libri e Recensioni,
intervista Nunzia Alessandra Schilirò

Nunzia Alessandra Schilirò

Leggi la recensione del libro
Soli nella notte dell'anima




Biografia:
Nunzia Alessandra Schilirò, Commissario della quarta sezione della squadra mobile di Roma, una donna in prima linea.

Intervista:
Tatiana: Come sei approdata a questo lavoro?
Nunzia: Da ragazzina volevo diventare una poliziotta, perché pensavo che fosse il lavoro più idealista e bello che esistesse. Mi ero convinta, infatti, che la gente offrisse il meglio di sé quando si sentiva al sicuro. Volevo quindi fare un mestiere che mi consentisse di far sentire al sicuro le persone, in modo che fossero libere di esprimere il loro meglio. Ho impiegato moltissimi anni per capire che le persone, invece, non hanno solo bisogno di sentirsi al sicuro in metropolitana o quando si accomodano sul divano della suocera. Solo poco tempo fa, ho capito che le persone vogliono sentirsi al sicuro dentro. Hanno la necessità di imparare a conoscere i propri sentimenti, di entrare in contatto con le proprie emozioni. Tutti noi abbiamo bisogno di sentirci bene con noi stessi e questo significa sentirsi al sicuro, non avere paura di quello che si prova, essere liberi di sentire quello che custodiamo in un luogo imprecisato dentro di noi.

Tatiana: E' stato difficile conquistare un posto in un mondo per consuetudine maschile?
Nunzia: No. Io mi sono conquistata un posto proprio grazie all'aiuto di un uomo che ha creduto in me, che ha ritenuto io fossi meritevole di dirigere la Quarta Sezione della Squadra Mobile di Roma. Per arrivare a quell'incarico, prima ho dovuto svolgere un lungo periodo di gavetta, che mi ha arricchito moltissimo, soprattutto dal punto di vista personale. Vincere il concorso, invece, è stato piuttosto semplice: è bastato studiare. Chissà, forse, ho deciso di entrare in Polizia anche perché avevo bisogno di provare a me stessa che qualunque donna può fare le stesse cose di un uomo.

Tatiana: Donna in divisa e donna con la penna. "Soli nella notte dell'anima" è il tuo primo libro che unisce l'esperienza lavorativa alle indubbie capacità narrative. Come è nato questo progetto letterario?
Nunzia: E' nato da una non ragione. Ho ripreso a scrivere (mia grande passione da quando a sette anni componevo poesie per tutti) nel 2017, quando mi sono ritrovata immobile a letto per un brutto incidente. Volevo finalmente fare qualcosa per me, dato che ne avevo il tempo e così decisi di scrivere un fantasy, visto il mio amore per il genere. Con mio immenso stupore, invece, mi ritrovai dopo poche ore ossessionata dalla necessità di scrivere il libro che poi è stato pubblicato. Il motivo per cui ho assecondato quel bisogno è che sono fermamente convinta che, quando ci stupiamo di noi stessi, significa che siamo sulla strada giusta, quella che ci appartiene sul serio, perché siamo usciti dagli stereotipi e dai binari del "si deve". Siamo davvero noi stessi quando ci stupiamo di noi.

Tatiana: "Soli nella notte dell'anima" rivela tutto il tuo tatto e la tua delicatezza di fronte a situazioni difficili. Inizi insegnando i giusti termini per definire una vittima. Quanto è importante, nel tuo lavoro, il giusto approccio?
Nunzia: E' fondamentale nel lavoro come nella vita. Soprattutto nel primo, però, è indispensabile per superare molti pregiudizi che ancora si hanno sull'operato delle Forze dell'Ordine. Esistono moltissimi poliziotti che sanno accogliere le persone offese da un reato nel modo giusto, andando ben oltre i propri compiti istituzionali, perché la divisa che indossano non è solo un uniforme, ma una missione. Una missione per realizzare il bene di tutti.

Tatiana: Nel libro sottolinei l'importanza di denunciare quando si subiscono molestie o abusi, ma anche la necessità di uscire dall'ombra nel caso si sospetti che qualcuno vicino a noi sia in difficoltà. Secondo la tua esperienza quanto è difficile arrivare ad una denuncia? Perché non si parla? Come si può attuare una coscienza sociale che inverta la tendenza?
Nunzia: E' difficilissimo arrivare alla denuncia per tantissimi motivi che nel libro cerco di sviscerare. Tanto per citarne qualcuno: non si denuncia per paura, per vergogna, per i figli, per ragioni economiche, perché si è ancora legate affettivamente al proprio carnefice, per mancanza di autostima e amor proprio e forse, soprattutto per un'educazione alla sopportazione che è figlia di una cultura sbagliata. Dobbiamo partire dalla cultura, insegnando per esempio a usare contemporaneamente la ragione e il sentimento. Si tratta di un compito arduo, che nel libro cerco di approfondire, ma credo sia la chiave per evadere dalle gabbie della violenza. Per invertire la tendenza, credo si debba educare alla libertà, al coraggio, all'importanza dell'altro e del diverso, al rispetto e a tutti quei sentimenti che ritengo corollari dell'amore, di cui si è persa l'importanza, al punto che ci vergogniamo a parlarne. Oggi ci educano alla vita facile, alle scorciatoie, alle scorrettezze, ci dicono che l'onestà e la cultura non pagano, conta solo il denaro, perciò la violenza non può che aumentare. Dove non ci sono parole, sentimenti ed emozioni, cresce rigogliosa solo la violenza. Questo è un discorso estremamente complesso che ora ho cercato di sintetizzare al massimo, ma di cui si dovrebbe parlare molto di più.

Tatiana: C'è stata, nel romanzo, una parte più ardua da scrivere?
Nunzia: La cosa più difficile è stata eliminare molte delle storie che avevo scritto, perché altrimenti il libro sarebbe stato troppo lungo. Per me scrivere significa essere me stessa al cento per cento, perciò non ho mai difficoltà a farlo. La mia ferita è trattenermi dall'essere ciò che sono. E io sono una persona che ama scrivere ma che, spesso, afferma di non averne il tempo.

Tatiana: Nel tuo scritto mandi ai lettori un bellissimo messaggio di speranza, di cambiamento possibile. Cosa ti ha portato a questa conclusione?
Nunzia: La vita. Penso che conoscere il dolore e la frustrazione, assaporarli fino in fondo, conduca alla fine a una profonda trasformazione. Un bel giorno ti svegli e ti senti un bocciolo di rosa oppure solo il gambo ricoperto di spine. Nessuno può sapere prima dove lo condurrà il proprio dolore, ma da qualche parte esiste già un nuovo approdo. Per superare il dolore e la frustrazione, infatti, chiunque a un certo punto decide di mettersi in movimento, perché ha voglia di riscattarsi, di dimostrare al mondo intero che può farcela e che è molto più forte di tutti i nemici che lo hanno attaccato. Per riuscire in quest'impresa si indossa una corazza e si comincia il proprio viaggio nel mondo, interiore ed esteriore. Se durante quel pellegrinare si avrà la fortuna d'incontrare l'amore, allora - come per magia - si sentirà crescere il desiderio di dare dare dare, per tutto quello che il dolore ha tolto. L'amore scioglierà la corazza e farà maturare in noi il desiderio di diventare quello che siamo, rendendoci felici. Quando diventi una persona felice, hai fiducia nella vita e scopri che tutto è davvero possibile e che siamo molto più capaci di quanto abbiamo sempre pensato. Al contrario, se non si riconoscerà l'amore, si resterà chiusi nella corazza, fino a diventare aridi, sterili e pungenti, come il dolore. Nella vita tutto dipende sempre dalla prospettiva da cui si guarda. Chi diventa consapevole di essere un bocciolo di rosa, dimenticherà le sue spine e si nutrirà della bellezza che vede intorno a sé. Chi, al contrario, crede di essere solo spine morirà in un deserto di inutilità.

Tatiana: La televisione ci abitua ai grandi mezzi a disposizione delle forze dell'ordine. Tu, nelle primissime pagine, ci togli questa illusione. Facciamo finta di scrivere a Babbo Natale: cosa chiederesti per aiutarti nella tua missione?
Nunzia: Di mettere le persone giuste nei posti che contano. Quelle che hanno testa, talento e cuore. Quelle che hanno il coraggio, quindi, di fare ciò che è giusto, non quello che è comodo o che può servire.

Tatiana: Hai altri progetti letterari in via di sviluppo, o da iniziare in futuro?
Nunzia: Non faccio più progetti, perché la vita me li scombina ogni volta. Lascio che mi stupisca. Mi piace molto vivere in questa incertezza. E' passato il tempo in cui avevo bisogno di punti fermi e di porti sicuri. Oggi cerco solo di restare fedele a quello che sono, perché mi fa stare bene.

Tatiana: Se potessi farti un augurio per un domani, quale sarebbe?
Nunzia: Di diventare sempre più libera, di avere sempre coraggio, di manifestare quello che penso e di osare, trovando il modo per fare sempre ciò che mi permette di essere quello che sono. Anche se nessuno saprà mai completamente quello che è davvero.



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