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Cercarsi
di John W. Lipford

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    Casa Editrice: Pubblicazione indipendente - 316 pagine
    Formati disponibili: cartaceo e ebook




  • Genere: Amore e sentimenti

    Trama:
    Romanzo psicologico vintage anni '60. Una storia appassionante che sviscera una relazione amorosa e ne collega le componenti a domande sulla natura profonda della volontà umana.
    Texas, 1965. Charles Driscoll è un uomo che è riuscito a ottenere tutto ciò che nella vita borghese decreta il successo: una posizione di prestigio a lavoro, una bella casa piena di cose costose, una moglie e due bambine a cui non far mancare niente. Tuttavia, sente di non aver nulla in quanto il suo cammino verso la realizzazione esistenziale è al palo. L'incontro con Stella, giovane insegnante Italiana emigrata per lavoro, sarà per lui l'occasione di dare un nuovo senso alla sua vita. Oppure no.

    Recensione:
    "Cercarsi" di John W. Lipford è un romanzo in cui sfila un corteo di personaggi sconfitti, illusi, delusi, frustrati che formano microcosmo e metafora insieme di una parte di società schiacciata da ambizioni e dal caso che ne spiazza disegni e aspirazioni.
    Il libro è fortemente claustrofobico, ma di lettura abbastanza scorrevole (nonostante qualche refuso che io imputerei in parte anche alla traduzione) e capace di riportare indietro nel tempo ad esperienze, sensazioni, stati d'animo che molti di noi hanno provato, almeno una volta nella vita (magari contenendone gli eccessi).
    L'Autore colpisce duro per la radicalità delle tesi esposte, per la brutale sincerità d'accenti, e più ancora per il ritratto psicologico dei protagonisti, ciascuno attore/testimone della definitiva deriva, propria e altrui.
    Ambientato nella metà degli anni '60 del secolo scorso, il romanzo rappresenta la realtà dell'epoca e le dinamiche familiari che ne erano piuttosto comuni.
    I protagonisti principali sono Charles e Stella. Il primo, sebbene goda di una posizione favorevole dal punto di vista lavorativo, appare profondamente insoddisfatto, in primis della moglie, ma anche di sé stesso, e scalpita per avere di più. La situazione di Charles appare aggravata dal coltivare pensieri di aggressività e disturbi del controllo dell'emotività; avere sposato una donna di cui non è innamorato e dalla famiglia della quale si sente giudicato, per lo più negativamente, di certo non l'aiutano. Stella, dal canto suo, è totalmente succube di una madre dispotica ed egocentrica che le provoca mancanza di entusiasmo e leggerezza nei confronti della vita in ogni sua sfumatura: la madre dirige il suo percorso scolastico e soprattutto la sua vita sentimentale interferendo, ovviamente, "pro domo sua".
    Il destino fa sì che Stella si trasferisca, con l'onnipresente madre, dall'Italia in America per insegnare italiano e lì incontri Charles.
    Lipford parla di amore e di eros alla sua maniera, con acume e chiarezza, portandoci oltre l'ovvietà dei significati, che è una delle cose più pericolose che ci siano. Dalle prime pagine viene chiarito che la parola amore, tanto abusata da non essere neanche più vista per quello che è, diventa, dato l'uso inconsapevole, una parola tranello. A mio avviso, l'Autore ci suggerisce che amore, a causa del suo amplissimo uso per indicare le affezioni più disparate (non nel senso patologico, preciso: o forse si?), può essere foriero di ambiguità: amore per l'uomo o per la donna, amore per i genitori, amore per il successo, per la bellezza, e così via. Eppure, parrebbe che l'origine del termine sia ricollegabile all'amore nel senso di attrazione-possesso, quello di tipo sessuale, insomma.
    Stella e Charles si amano, ma come descrivere il loro amore?
    Personalmente, al termine della lettura, mi sono trovata di fronte a una serie di considerazioni linguistiche e psicologiche su cui riflettere.
    C'è un lemma sanscrito, kama, da cui pare deriverebbe amor (ma l'etimo è controversa) ed è la lussuria, il desiderio. L'altro amore, quello legato al voler bene, è invece meglio rappresentato da love e liebe, i corrispondenti inglese e tedesco. E vi è che le due anglosassoni sono connesse col latino liber e quindi, se ti voglio veramente bene ti lascio libero di essere quello che sei perché solo così potrai essere felice.
    Chiarito questo e riscontrato che, in effetti, la polivalenza semantica di amore può portare un certo numero di problemi perché, se ti desidero così tanto per me, come la parola kama suggerisce, torna perfettamente che io me ne freghi se tu sei d'accordo o no, perché non è il tuo bene che mi sta a cuore ma il mio. Si, prendete queste parole con le pinze ma, la storia di Stella e Charles, mi ha portato a questo.
    Non è "solo una storia d'amore", non è "solo un romanzo", il testo è una fucina di riflessioni, di introspezioni e scoperte. E' tutt'altro che una semplice lettura perché trascina in un gorgo psicologico ed emotivamente complesso.
    L'amore, come visto, è di tanti tipi e non è mia intenzione né questo il luogo per farne una elencazione esaustiva.
    L'amore vero è un desiderio di tutti, capace addirittura di lacerare come uno spasimo quando da troppo tempo manca. Però l'Autore arriva ad affermare che, principalmente, bisogna amare se stessi, coltivare la propria autosufficienza, in una sorta di autarchia dei sentimenti e delle emozioni, anche se ciò arreca dolore. E questo perché tante volte ci si appoggia ad un altro perché ci si sente incompleti; si smette di conoscere l'altro e lo si usa come uno schermo per proiettare il proprio personalissimo film.
    Il titolo "Cercarsi" è emblematico, non è solo il continuo rincorrersi che è la caratteristica della relazione tra Stella e Charles, è più profondamente il cercare il vero se stesso. Nei momenti in cui i due amanti si allontanano sentono che manca qualcuno, ma in realtà ognuno manca a se stesso perché sa che c'è una parte di lei/lui che non è dato di conoscere senza che l'altro si mostri per quello che è.
    L'autenticità, vero punto d'arrivo nelle società umane in cui tutti indossiamo delle maschere, è premessa essenziale a questo processo.
    Sempre grazie alla lettura di questo romanzo, mi attraversa la mente un motto o proverbio, non so: "in amor vince chi fugge". Certo nelle schermaglie della coppia, nel gioco della conquista e del desiderio è piuttosto vero: chi si concede e poi si nega, chi si fa desiderare, vince la gara della seduzione. Se invece si pensa all'amore come ad un'attività, come a qualcosa che muove e vivifica chi lo prova, no; i due protagonisti hanno sperimentato che essere amati senza amare può dare ben poche soddisfazioni. L'amore che viene donato conta solo se si è in grado di riceverlo. Diversamente non esiste, è come non averlo. Il ricevere implica un'attività: non si riceve senza partecipare, senza volerlo. E generalmente questa accettazione dell'amore comporta che si provi lo stesso tipo di sentimento, anche se accompagnato da un dolore lacerante. Come lo spalancarsi di due porte poste una di fronte all'altra davanti ad un unico "apriti sesamo!". Per questo penso che se in amor vince chi fugge, il più ricco, forse non il più forte, è chi ama, non chi viene amato. L'oggetto d'amore è l'occasione che l'amore ha di venire al mondo, ma già c'è, né smetterà di esserci, se l'investito da questi sentimenti decide di scansarsi per non accettare il dono. Come fece la spietata protagonista della "Ballata dell'amore cieco" di Fabrizio de André (ma qui vale per entrambi):
    "Lei fu la più forte ma fu presa da sgomento/quando lo vide morir contento./Morir contento e innamorato/quando a lei niente era restato/non il suo amore, non il suo bene/ma solo il sangue secco delle sue vene."
    (Luisa Debenedetti)

    Citazioni da questo libro:
    Il passato. Per Charles, era come una diga di calanchi, una topografia intricata di grotte sommerse e burroni a genesi lenta che lo facevano annaspare senza direzione sulla superficie instabile del presente.

    Non era piacevole tuttavia accorgersi che era solo di sé che gli importava, alla fine.

    Per la prima volta nella sua vita divenne consapevole che la sofferenza è uno dei poteri dell'universo, e divenne consapevole che stava usando quel potere malvagio del tutto consapevolmente, sperando anzi di ottenere risultati benigni nell'arco dei giorni a venire.

    Erano legati dalla sofferenza, dunque. Il loro amore era dopotutto nato dalla sofferenza, ed era infatti per sofferenza che adesso si teneva avvinto a lei.



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