Casa Editrice: Scatole Parlanti - 124 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Narrativa
Presentazione: "In punta di piedi" è una Raccolta di Racconti accomunati dal narrare storie di vita delicate i cui protagonisti sono anime indifese, anime fragili dai difficili trascorsi o venute al mondo in condizioni poco fortunate.
I personaggi emergono da contesti sociali problematici o vivono situazioni di disagio ma, dapprima smarriti, cercano tuttavia di superare le difficoltà incontrate, con un modo di agire che diviene il filo conduttore dell'intera raccolta. Infatti, in ogni caso, provano a ricostruire la loro esistenza, in punta di piedi, con un atteggiamento remissivo e conciliante, sia pure spinti da innegabile motivazione. In alcuni casi sfidano semplicemente il vivere quotidiano e, con le loro fragilità, affrontano le mancanze e l'inesorabile trascorrere dei giorni. Altre volte, ai margini della società, accolgono la loro condizione per poi riscattarsi.
Sono anime solitarie che, nonostante le sventure, restano gentili. Non urlano mai a squarciagola ma si raccontano a bassa voce. Provano a rinascere e ricominciano a vivere perché imparano a cogliere l'essenza di ogni cosa. Sono persone comuni che non hanno nulla di eroico se non la forza di accettare ciò che non si può cambiare.
Si è immaginato di intercettare i pensieri dei protagonisti, e di indagare il risvolto psicologico che poteva derivare da quegli avvenimenti. L'atteggiamento introspettivo è stato una sperimentazione, così come la stesura dei racconti. Un primo esercizio di consapevolezza che, misurando il passo per dare espressione adeguata ai pensieri, ha visto svelare con pura fantasia, fatti e personaggi.
Il lieto fine non è scontato e talvolta la conclusione del racconto è aperta all'immaginazione di chi legge, che in base al suo sentire, può figurarsi un seguito.
L'ordine dei racconti non segue la loro cronologica stesura bensì risponde più al desiderio di mescolare i contenuti e i sentimenti espressi piuttosto che di disporli in ordine di affinità, in modo da accostare situazioni differenti e far scaturire un confronto.
Occupano le prime pagine, due brani che hanno vinto nel 2018, il Primo Premio Sezione Racconti Inediti alla II Edizione del Concorso Letterario "La Quercia del Myr" e che, per tale motivo, sono stati di incoraggiamento nel proseguire la raccolta.
In entrambe i racconti "Zingarella" e "La bicicletta rossa", i protagonisti sono bambini, anime scalze, in senso stretto ma anche figurato, metaforico.
In ultima posizione, il racconto "Occhi d'Ambra", vede un protagonista diverso dal genere umano, che ugualmente muove i primi passi in modo indifeso e disarmato, e che ha indubbiamente un suo sentire. Volutamente inserito al termine della raccolta ma non ultimo per importanza, sembra chiudere il cerchio. Come a dire che, alla fine, si ha bisogno di riconciliarsi con una natura buona che, una volta tanto, non voglia fare brutti scherzi e in cui ci si possa rifugiare.
Un breve estratto da "Zingarella":
Sono nata in un "campo nomadi" alla periferia di una grande città. Ultima di undici fratelli, sempre avvolta negli stracci, mia madre mi trasferiva con lei nei luoghi in cui chiedeva l'elemosina. Di quei giorni restano nella mia memoria l'odore acre della sua pelle e il suono acuto della sua voce, vagamente mescolati alle esalazioni dei gas di scarico e ai rumori striduli della città. Non appena fui in grado di camminare, tentai di allontanarmi da quelle postazioni maleodoranti, troppo fredde d'inverno e afose in estate, dalle quali ripetutamente mia madre doveva inseguirmi. Le urla e gli schiaffi ricevuti in quegli anni non servirono a farmi desistere cosicché, ad un certo punto, quando ebbi cinque o sei anni, decise di lasciarmi alla roulotte: oltre a essere indomabile, rappresentavo uno spauracchio per i suoi affari.
Quasi abbandonata a me stessa tra la sporcizia e il degrado dell'accampamento, rimasta in balia di una nonna anziana e obesa che a malapena si reggeva in piedi, godevo soltanto della compagnia di un cane molosso, perennemente tenuto a catena. A prima vista feroce, era solo molto triste. Se lo si avvicinava con dolcezza, diventava quanto di più amabile potesse esistere. I suoi occhi disincantati parevano cercare la mia presenza. Languidi, sbucavano da un muso nero, tutt'altro che duro.
La sera, quando i componenti della famiglia tornavano, nessuno mi considerava. Le donne affaccendate, compresa mia madre, cuocevano in grossi pentoloni pezzi di carne affogati in brodaglie miste a spezie per camuffarne il sapore ormai irrancidito. Spesso mi rifiutavo anche di mangiare. Al cane veniva dato del pane vecchio ammollato in quegli intrugli da cui poteva percepire soltanto lontanamente l'odore della polpa, peraltro rafferma. Quando cucinavano il riso o la pasta potevamo, io e il cane, considerarci fortunati.
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