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La malaintesa
di Yolaine Destremau
Traduzione a cura di: Marta Giusti

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    Casa Editrice: Barta - 240 pagine
    Formati disponibili: cartaceo




  • Genere: Narrativa

    Trama:
    Cresciuta in una famiglia avvolgente e innamorata, una brillante avvocata è pronta a tenere l'arringa. Sa cosa dire per convincere Corte e giurati. La sua voce è ferma, dosa alla perfezione parole e silenzi. L'aula è il suo regno. Una paziente è stesa su un letto d'ospedale. Ha fratture multiple, costole incrinate, ferite sulla testa. Sotto morfina, è incapace di ricordare cosa le sia successo. Suo marito sostiene che è inciampata su un tavolino del soggiorno. Che è alcolizzata, che spesso urta i mobili, cade. Come collegare queste due scene, queste due donne? "Eppure sono proprio la stessa persona, sono io, a pochi giorni di distanza". Soffocata nelle spire della violenza coniugale, Cécilia oscilla tra negazione e desiderio di salvare il matrimonio, angoscia e sensi di colpa per gli eccessi dell'uomo che ama e teme. Cerca di sottrarsi alla presa che esercita su di lei il marito, il padre delle loro bambine. Ma lo ha amato così tanto, il suo carattere deciso, il suo corpo magro: come può stare senza di lui? Come non dargli un'ultima possibilità?

    Recensione:
    "La malaintesa" di Yolaine Destremau è un romanzo che spicca per la sua semplice incisività, autenticità, precisione e profondità. La scrittura è fluida e precisa, la psicologia dei personaggi lavorata con cura, ogni parola è al suo posto, tutto è detto in uno stile d'impatto, incisivo e potente. E' un romanzo forte, profondamente sorprendente.
    All'inizio incontriamo un brillante avvocato che sta per iniziare la sua arringa. Sa cosa fare, cosa dire per convincere i giurati e il giudice, è una giovane donna, la sua voce è sicura, sa giocare con le parole e i silenzi ed è esattamente nel luogo in cui ha sempre voluto essere.
    Il capitolo successivo ci presenta una paziente sdraiata su un letto d'ospedale, ha fratture multiple, vertebre incrinate, tagli sul cuoio capelluto. Sotto morfina non è in grado di ricordare cosa le sia successo. Abel, suo marito, ha affermato che è un'alcolizzata e si è ferita cadendo su un tavolino ma non risultano tracce di alcool nelle sue analisi.
    Questi due ritratti sono della stessa donna, Cécilia... catturata nella spirale infernale della violenza domestica.
    Attraverso il viaggio della vita di Cécilia, l'Autrice ci parla di questo argomento con precisione, usa la prima persona, cosa che ci dà la sensazione di una confidenza, della ricerca della condivisione di una vita quotidiana piena di terrore, una discesa all'inferno a cui il lettore assiste completamente impotente. Il percorso è terribile, come è possibile che un uomo, idealizzato come "marito ideale", possa infliggere tanta sofferenza a sua moglie, alla madre dei suoi figli.
    È impossibile restare indifferenti nel leggere queste righe, è inaccettabile che al giorno d'oggi le donne, senza distinzione di ceto o estrazione sociale, vivano in questa ansia, in questa paura.
    Devo ammettere che sentivo un nodo allo stomaco man mano che divoravo le pagine.
    Mi sono innamorata della penna di Yolaine Destremau, una penna incisiva, potente e sublime, che riesce a mantenersi in un equilibrio machiavellico e sconcertante che dà tutta l'accuratezza a questa storia avvincente.
    E' il racconto di una situazione rivoltante, scioccante, totalmente spaventosa, ma è con delicatezza, in contrasto con la violenza del racconto, che l'Autrice ci trascina nel gorgo tumultuoso della vita di Cécilia.
    Una lettura dalla quale si esce storditi e destabilizzati perché Cécilia può essere ognuna di noi, un'amica, una sorella o solo una conoscenza, perché per amore molte donne accettano l'inaccettabile, perché non si dovrebbe mai chiudere gli occhi, sottovalutare i piccoli segnali.
    Pur non perdendo di vista il dramma di Cécilia, generalizziamo, ci chiediamo perché queste donne maltrattate rimangano con il loro carnefice. Perché abbiano accettato di vivere in questo stato umiliante e vergognoso, questo status di donne deboli, invischiate in un amore tossico verso uomini visti come perfetti, uomini che, in realtà, sono perfetti solo nella loro capacità manipolatoria.
    La presa dell'uomo, in questo caso Abel, è insidiosa, si insinua lentamente in ogni poro, in ogni organo, in ogni cellula della "sua" donna.
    Spesso queste donne, qui rappresentate da Cécilia, rimangono per ragioni sbagliate ma sono solo un'ombra di se stesse. La violenza domestica non è solo qualcosa che imparano a nascondere sotto un trucco perfetto. No, va ben oltre, è più profondo, più malsano. Queste donne pensano che non sopravviveranno mai da sole, senza il loro carnefice. Che non valgono nulla, che non sono in grado di uscirne. Perché questi uomini tossici sanno come rendersi indispensabili, sanno come controllare la moglie nei minimi dettagli. Ma ciò che queste donne ignorano è che sono forti, belle, indipendenti e saranno in grado di uscirne perfettamente ed essere felici lontano da questo inferno. Queste donne sono guerriere con un coraggio incredibile, hanno in sé una forza vitale potente, devono esserne coscienti: questo è il messaggio che il romanzo trasmette. Pagina dopo pagina, assistiamo alla lenta consapevolezza di Cécilia di vivere in un inferno che sembra non avere via d'uscita ma da cui può liberarsi; assistiamo anche allo scarso interesse prestato dalle forze dell'ordine che il più delle volte sottovalutano, addirittura giustificano...
    L'appartenenza ad un ceto sociale borghese non aiuta, addirittura discrimina Cécilia quando si presenta al gruppo di sostegno.
    Le ultime pagine si leggono "in apnea" per il ritmo incalzante dei fatti e delle parole.
    Ci sono romanzi che sono profondamente sentiti, il cui peso delle parole colpisce l'anima e la segna per sempre. Questo è innegabilmente uno di questi.
    Non emergiamo incolumi da questa lettura, usciamo con l'anima e il cuore ammaccati.
    E' un gioiello, un diamante grezzo, ne suggerisco la lettura non solo alle donne ma anche agli uomini.
    C'è solo un neo, che attribuisco alla traduzione dal francese ma che forse è voluta, l'utilizzo nei dialoghi del "voi" anziché del "lei", per il lettore italiano è inusuale in un romanzo contemporaneo.
    (Luisa Debenedetti)

    Citazioni da questo libro:
    Perché, no, io non sono una donna maltrattata. Non io. Scaccio quest'idea con tutta la mia forza. Non ho il profilo di una donna che subisce violenze, non sono nata per questo. Rifiuto che mi si metta in questo contenitore, quello delle vittime. Io non amo le vittime, mi piacciono solo le eroine.
    A ben pensare preferisco addirittura essere un'alcolizzata che si è ferita cadendo da sola, in casa, piuttosto che una donna maltrattata.

    Per un attimo ho ripensato al nostro incontro, al sentimento di sicurezza che avevo provato, la fiducia, l'amore. Dove erano finiti? Sentivo confusamente qualcosa richiudersi sopra di me, qualcosa che tesseva una tela invisibile, una cappa ruvida di timore, di angoscia, di stupore.

    Mi spogliava di tutto, per provarmi che non valevo niente. I denti aguzzi della sua presa, insidiosi, affondavano un poco di più ogni giorno.

    I miei genitori mi esasperavano. Li consideravo totalmente responsabili di questa situazione con Abel. Se non mi avessero dato quella falsa idea del matrimonio, non sarei arrivata a questo punto: avrei imparato ad adattarmi, ad accettare, a tollerare, senza mai subire.



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