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Genere: Narrativa

Trama:
Graziella, la quarantenne protagonista della storia, si racconta in un diario molto 'social' nel quale, con piglio cinico e con adorabile sfrontatezza, riversa le personali ambivalenze. Maliziosa e disillusa, amazzone del volere è potere, la osserviamo mentre gestisce il suo bistrot, Becco Pieno, mentre si innamora, recrimina, si esalta e cambia idee, in un vortice di traboccante spiritualità e materialismo lenitivo. La confessione indiretta di una solitudine che diventa scudo, passerella, sfida. E riflesso di molte donne che creano il proprio mondo, sfilando sulle fragilità e sulle contraddizioni.
Prefazione Fantini Maristella.

Recensione:
La copertina del romanzo "Becco pieno" di Carlo de Rossi, presenta in modo immediato il testo al lettore: sullo sfondo nero compare un filo giallo, che connette anche il retro, in una sorta di continuum indefinito. Il nastro dà colore al titolo del libro e a un profilo di donna con un gran groviglio in testa, forse un nido? Tanto per rimanere in tema ornitologico... Il lettore potrà scoprirlo aprendo il libro ed addentrandosi, quasi totalmente, nella storia di Graziella, la protagonista.
Non a caso, già l'incipit si presenta senza preamboli o particolari introduzioni: il lettore è chiamato a entrare a "gamba tesa" nella vita della donna.
In ogni caso, la copertina fornisce anche un'ulteriore interessante informazione: "Becco pieno" risulta finalista e detentore di menzione al Premio letterario Inedito 2021.
Il romanzo è la più recente opera di Carlo de Rossi, edita da Pathos Edizioni e pubblicata nel febbraio del 2022.
Il testo consta di 219 pagine totali comprensive di prefazione, postfazione e ringraziamenti. Una discreta mole di pagine che in realtà scorrono rapide sotto gli occhi del lettore anche per le peculiarità che caratterizzano questo testo, tra cui:
  • L'assenza di capitoli; tale aspetto rende il romanzo un unico flusso di coscienza a cura della protagonista che si auto-narra e auto-definisce rendendo i suoi confini labili. Graziella parla di sé, di ciò che la muove dentro ponendosi, quasi al contempo, in dialogo con una varietà di personaggi esterni (l'amica, il socio, gli amanti, la madre, il figlio, l'ex marito e così via) che in realtà, a un livello interpretativo più profondo, potrebbero essere "semplici" rappresentanti di parti di se stessa. Ad ogni modo, l'assenza di una suddivisione in capitoli incrementa il ritmo del testo, quasi fosse un battito cardiaco accelerato, un respiro un po' affannato e concitato esatto spettro del contenuto narrato: la vita zeppa di Graziella, in cui la parola stress è all'ordine del giorno e dove le uniche brevi pause concesse e conosciute sono, anch'esse riempite da fugaci piaceri erotici. Se questo era l'effetto auspicato dall'autore, è corretto dire che la strategia narrativa adottata risulta utile e efficace;
  • Variazioni nel carattere del testo: un'altra originale caratteristica che il lettore può osservare è un mutamento grafico che varia dal corsivo, al maiuscolo al carattere standard a seconda dell'interazione e della "protesi tecnologica" che la protagonista sta utilizzando in quello specifico momento. Infatti, Graziella ama esprimersi sui principali social più utilizzati nell'epoca contemporanea e possiede anche un blog. Graficamente si ritrova, in alcuni punti, anche il simbolo dell'hashtag, tipico di un linguaggio e di una realtà virtuali; leggerlo stampato su carta pare quasi un paradosso ma anche questo dettaglio può, forse, condurre il lettore a sviluppare interessanti riflessioni;
  • Il lessico utilizzato risulta di facile comprensione e di comune diffusione, incastonato in frasi brevi separate tra loro da molti punti. L'uso della virgola è più parco, forse per incrementare l'effetto del ritmo di cui si è accennato al primo punto. In ogni caso, lo stile contemporaneo scelto e utilizzato dall'autore aumenta la fruibilità e l'appetibilità della sua opera.

    L'idea geniale di Carlo de Rossi è quella di regalare al lettore sottili linee interpretative e di riflessione che adagia su una trama narrativa molto semplice, praticamente di vita quotidiana. In sostanza, si tratta di un "selfie" dell'odierna società, di come la maggior parte delle persone aderisce alle moderne dinamiche comunicative che, in realtà, si fanno portatrici anche di andamenti psicologici e comportamentali agiti nei confronti degli altri e verso se stessi.
    Carlo de Rossi offre una prima, immediata possibilità di immedesimazione al lettore dentro la vita di Graziella e dei vari e molteplici personaggi che la costellano. I diversi ruoli incarnati, le situazioni che la protagonista è chiamata a vivere nei vari ambiti esistenziali: lavorativo, relazionale, famigliare... consentono, da parte di chi legge, di compiere dei parallelismi con la propria esistenza e, se lo ritiene opportuno, cogliere differenti punti di vista ipoteticamente adattabili e adottabili.
    Il secondo flusso riflessivo rintracciabile in Becco pieno presenta un tenore più intimistico e profondo. Personalmente è quello che mi ha maggiormente colpito: l'autore mostra al lettore più attento una descrizione sufficientemente chiara di "come funzioniamo", di quali meccanismi attiviamo per esprimere noi stessi o nostre specifiche parti attraverso le protesi tecnologiche di cui disponiamo e verso le quali sviluppiamo un rapporto sempre più stretto, per non dire a tratti dipendente e maniacale.
    Il romanzo Becco pieno mette di fronte a un'imponente questione umana: "noi siamo questo" e lo fa in modo leggero, ironico, a tratti goffamente drammatico, tutti aspetti che accomunano la vita della maggior parte degli esseri umani appartenenti a questa società post-moderna.
    Partendo da una condizione, quasi socialmente imposta, siamo invitati a essere "social". In questo campo virtuale, tutte le nostre emozioni, espressioni identitarie, i ruoli sociali che incarniamo, passano e si strutturano - volente o nolente - da lì.
    Grazie all'opera di De Rossi è possibile leggersi dal di fuori, come staccandosi da se stessi per scoprire che siamo, nella maggior parte dei casi, divenuti dei contenitori di citazioni, serie di link condivisi, pezzi di testi di canzoni, agglomerati di post riproposti, storie dalla durata di 24 ore che poi svaniscono nel nulla, senza memoria.
    Per esempio, Graziella si auto-definisce una "self made woman"; costruisce il suo profilo arricchendolo di "frasi fatte", di post solidali o dedicati alla squadra del cuore, selezionando, nel mentre, ciò che più desidera o dando sfogo a impulsivi bisogni scorrendo uno shop online.
    L'autore è molto bravo a costruire istantanee di parole che consentono di far riflettere con "poche" frasi ma disposte al punto giusto: "Scrivo anima-li. Perché l'anima dei quattro zampe è grande. Ti aggiustano una giornata no oppure ti guariscono da un periodo nero." (pag. 23).
    De Rossi catapulta il lettore direttamente nel bel mezzo di una "sagra del luogo comune" nella quale ci si sente comodi nell'alimentarsi di realtà generali e, per questo, superficiali e potenzialmente più condivise. Spesso si rimane sulla superficie delle cose, delle questioni, delle più disparate argomentazioni, impedendo all'animo umano di bucare quel velo più esterno per entrare in contatto con verità forse più scomode ma più autentiche.
    Sarà per questo che, di contro a tali espressioni ultra-diffuse e di clichè dell'ultima ora, nel flusso continuo del racconto di Graziella, l'autore inserisce spesso dei contenuti di matrice spirituale; si citano i tarocchi, il Buddhismo della Sokka Gakkai, i grandi maestri, studi sulla gentilezza condotti dall'University of California (pag. 80) e così via.
    Ma anche in questo caso, un'ulteriore flusso riflessivo si insinua nel lettore che è richiamato ad immergersi sempre più nella lettura del testo. Infatti viene da chiedersi se anche questa spiritualità, così proposta, possa rappresentare un'altra stampella volta da un lato a sedare e gestire tumulti e timori personali e dall'altro a oliare l'ego che si fa sempre più ingordo di questa socialità virtuale. Forse, senza neanche saperlo, l'autore pone sotto un riflettore l'evidente dicotomia di cui si fa portatrice la società attuale: da un lato la costruzione minuziosa e costante del proprio ologramma social-virtuale e dall'altro la vita vera, forse noiosa, ma quotidiana dalla quale si tende ad evadere anche attraverso un simpatico meme o una gif. Si tratta dell'espressione massima della dualità della realtà che l'essere umano dovrebbe trascendere, secondo l'approccio spirituale, ma nella quale rimane spesso ancora intrappolato. Se ne deduce che vivere nel completo qui e ora risulta ancora un vago bagliore lontano.
    L'essere umano, abilmente incarnato nel personaggio di Graziella, è ancora troppo attirato dalla necessità di rintracciare voci, seppur virtuali, che confermano la propria, oppure a esporre tutto in "vetrina" sia che si tratti di un personale fatto di vita oppure di un'opinione sull'attualità.
    Per questo Graziella è una di noi, una donna di mezz'età, insicura e piacente, che nel tentativo di alimentare la propria parte più autentica, foraggia maldestramente quella egoica. Graziella cita il maestro Baba o Maria Teresa di Calcutta perché ne ha bisogno, di frequente si sente sola, necessita di guide, di una direzione, di esempi che illumino la sua vita persa, come quella di tanti altri individui perché necessitiamo di essere presi per mano, di ancorarci a una posizione o ad un'identità, poco importa se di matrice interiore, dai contenuti spirituali o più pragmaticamente materiali.
    Oggi giorno, è così che tentiamo di conoscere noi stessi e, di conseguenza, l'Altro da noi: scattando delle cyber-radiografie dei profili social, sguisciando attraverso le più svariate mistificazioni per carpire qualcosa di vero dell'Altro: siamo dei cercatori di pepite d'oro.
    Sembra che i social trasformino un dialogo interiore, personale, introspettivo in molteplici conversazioni esteriori dove gli altri utenti divengono specchi, personali rappresentazioni di sfaccettature di sé e della propria personalità.
    E' quasi come se si fosse chiamati a rispondere a un diktat molto preciso: o appartieni a questa "nuova" società ologrammatica o ne stai fuori, il che equivale a dire praticamente "non esisti". Molteplici esempi di ciò si possono rintracciare scorrendo le pagine di Becco pieno e dalle parole della stessa protagonista che, a un certo punto, dichiara il suo: "vorace bisogno di sentirmi viva, indispensabile." (Pag. 184).
    Sarà per questo che Graziella diviene una vera e propria icona di questo tempo, fatto di una vita che si dipana in molteplici esistenze e così anche il Becco pieno, il suo locale, si trasforma, grazie a uno slavato e parziale copia-incolla, in Becco blu. Al contempo anche Graziella compie un passaggio: da gestore di un ristorante diviene operatrice olistica, "quasi" in un clic! Senza dimenticare però parte della sua storia ma modificandola, almeno nominalmente.
    In conclusione, l'opera di Carlo De Rossi è un piccolo gioiello godibile a più livelli, a più dimensioni. Becco pieno è un romanzo strutturato in modo intelligente e acuto, una perfetta istantanea del mondo contemporaneo e dei personaggi che lo abitano.
    La lettura è coinvolgente, invita ad andare oltre e stimola quella "crescita interiore" che non guasta mai.
    Il pubblico di lettori a cui si rivolge è decisamente trasversale, variegato e senza distinzione di genere.
    Il romanzo di Carlo De Rossi, che ho avuto modo di apprezzare in forma cartacea, lascia indubbiamente appagati, a "becco pieno" e sorridenti del curioso paradosso che racconta: la società dal becco vuoto, sazio solo di vane apparenze.
    Consigliato!
    (Sveva Borghini)



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