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Genere: Narrativa

Trama:
"Crune" si presenta come una raccolta di 40 racconti brevi più altri 4 ("Oltre le crune"). La distinzione numerica ha una sua ragion d'essere. Secondo la prima intenzione, il titolo avrebbe dovuto essere (in tempi non sospetti) "Quarantena": allusione all'isolamento interiore richiesto da questa scrittura che ha coperto in realtà un lungo periodo di anni e all'isolamento in cui si collocano le situazioni narrate. L' "Oltre" dei 4 racconti conclusivi indica una semplice posteriorità cronologica rispetto ai precedenti, nessuna differenza tematica o stilistica. Il titolo "Crune", poi preferito, è un riferimento al fenomeno ottico per cui se accostiamo un piccolo foro - come la cruna d'un ago - a un occhio miglioriamo la qualità visiva; e alla dimensione minima delle storie narrate, incentrate su particolari e dettagli dell'esistenza. I racconti si propongono sia come scritti autonomi, sia organizzati in una cornice sottintesa, che affiora non a caso nella quarantesima cruna, dove vengono rievocate situazioni e figure delle crune precedenti.

Recensione:
"Crune" di Massimo Molinari è una raccolta di brevi racconti, quarantaquattro per l'esattezza, raccolta che definirei infinita poiché incapace di un inizio e di una fine: circolare e mutevole, continua ad avvolgere il lettore come una sostanza cangiante e proteiforme, in grado di cambiare il senso di lettore e letto. Il classico libro da comodino, mai finito mai iniziato ma sempre letto.
In "Crune", le parole di Massimo sono evocative, non tanto di cose e persone ma di eventi, sono narrazioni di esperienze di un mondo vissuto, nei suoi spazi e nei suoi tempi, ciclici o lineari che siano poco importa. Talvolta si tratta di attese, di supposizioni, di affermazione di certezze, ma anche di affermazione di dubbi. Siamo di fronte a una narrativa, il Prof mi consenta, "paradossale"; di primo acchito "Le crune" richiamano il paradosso evangelico, evocano la bidimensionalità della realtà e diventano simbolo di una sorta di passaggio dal macromondo, immagine della normalità, conforme alla nostra esperienza quotidiana soggetta al tempo, al micromondo quantistico, immagine di un livello della realtà meno intuitivo, se non addirittura contro intuitivo, e in cui il tempo ha un'importanza marginale, c'è ben altro, si tratta di un mondo che include tutte le variabili umane inalienabili, riassumibili nella parola "sentimenti".
Il tempo che noi percepiamo fuggevole e fluido, nel nostro sicuro macromondo, è invece, nell'incerto micromondo, granuloso come piccole asole (crune) che permettono la nascita di nuove dimensioni, colonne slanciate verso il cielo di nuove esistenze non previste.
Ogni racconto è una piccola asola di tempo, il tempo personale e minuto dei personaggi e di ognuno di noi, ed in tal modo può farsi colonna della storia in modo imprevedibile.
Ho richiamato il paradosso della cruna ma potrei citare Monet nelle cui opere, uno sguardo ravvicinato e puntuale mostra la materia grezza, essiccata, che compone fisicamente le pennellate, ma uno sguardo a distanza compone tale materia nella bellezza sconcertante dell'opera. Monet riportò sulla tela, con una ben determinata modalità pittorica - in analogia, Molinari riporta sulla pagina, con una ben determinata modalità linguistica - quella parte di realtà che lo ha "impressionato" (la sua visione del mondo, le suggestioni, le intuizioni e le comprensioni), evidenziando un realismo autografato tutto personale, il pittore lo fece con pacata urgenza e decisione nel gesto del pennello, Massimo lo fa con la sua "penna".
Il racconto, più o meno breve, dimostra inequivocabilmente, la forza della parola che è anche filosofia e, oserei dire, psicologia perché spesso, quando penso ai suoi testi, mi viene quasi spontaneo pensarli come parti di uno studio psicologico, uno scandaglio vivo, curioso e mutevole sull'animo e sulla psiche umani. I frammenti dei suoi brani sembrano vere e proprie particelle di psiche che affiorano, vedono la luce e illuminano, da angoli inattesi, le pulsioni, le reazioni, le attese umane.
Concludo con una considerazione del tutto personale e privata: quando trovo uno scrittore che sa dosare l'aspetto poetico nella sua prosa semplicemente calibrando le parole, scelte e concatenate con sapienza, non posso far altro che dichiararmi pienamente soddisfatta di quella lettura.
Grazie Professor Molinari, avrei voluto averla come insegnante.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
In fondo non è che un travaso di tempo da un anno a un altro, e chi lo festeggia non fa che mascherare di baldoria l'inganno d'un morire che simula la vita…
(Da Cruna 11 - La festa)

Il volume delle pagine e la sua liscia cellulosa - materia delle sue ali - sono l'unico corpo in cui si riconosce.[…] I libri, cibo impalpabile eppure così ricco, le dilatano a poco a poco la vita in un alone d'immagine e parole.[…] Le parole che la nuova insegnante s'accanisce a punire le si ingorgano dentro e la fanno ammalare[…] E mentre il vento, di là dalle inferriate, piega sotto di sé tutti i fili dell'erba, lei pensa che in fondo una vita equivale a un'altra, e guardando la fabbrica comincia quasi ad amarla.
(Da Cruna 18 - La scelta di Adele)

Giunto accanto all'albero maestoso, forte e diritto sulle sue radici, lo circondò con un abbraccio e restò a lungo così, appoggiato col cuore alla corteccia. Poi cominciò a singhiozzare, come davanti a un muro del pianto arrotolato in un tronco. Piangeva di dolore e di gratitudine, perché sentiva di avere tra le braccia l'immane pesantezza della terra e la leggerezza infinita del cielo.
(Da Cruna 24 - L'incontro)

Ma anche il dolore sta dietro un angolo, e per quanto ci sforziamo di evitarlo, riuscirà sempre a trovarci. Anzi, il dolore s'annida proprio dentro la felicità, come un parassita nel corpo che lo ospita."
(Da Cruna 38 - E allora la immagini)



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