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Genere: Narrativa

Trama:
Chissà quale vita non ho vissuto, andandomene. Quale vita ho lasciato qui, non vissuta e non vivibile, non più, una vita che avrebbe fatto vivere ad altri altre vite, anch'esse oggi perdute, incagliate nella ragnatela delle vite possibili, vite impolverate rimaste dietro una porta chiusa per sempre. E' qui, tra queste vecchie mura ingiallite, la vita del "se non me ne fossi mai andato".

Recensione:
"Le negazioni" di Marco Gottardi è, a mio avviso, il ritratto di una relazione padre/figlio, disegnato in stile puntillista, attraverso frammenti della memoria del figlio Valter (io narrante) che, dopo la morte del padre Lauro, torna al paese e alla vecchia casa natale con il proposito di metterla in vendita.
I ricordi sono raccolti e poi unificati in un'opera che è, allo stesso tempo, omaggio, congedo e consapevolezza del proprio sé.
Valter finisce, nel suo riluttante ritorno per adempiere alle varie incombenze burocratiche, col raccontare se stesso e il padre. Non un padre ma il proprio padre. Uno sciame di Edipi, Saturni, Creonti si affaccia quindi alla mente del lettore dal momento che Marco Gottardi evoca a modo suo complessi e ambivalenze, detti e non detti. Per la verità nel libro non si troverà tutto questo: l'autore compie uno sforzo palese di espressione diretta, priva di infingimenti e di narcisismi. Se dovessimo cercare nel vocabolario psicologico una parola chiave essa è sicuramente identificazione.
Il tema di fondo sotteso è infatti l'interrogativo su quanto ci sia nel figlio del proprio genitore.
Nella costruzione del testo, Gottardi ricorre a frammenti di memoria che i luoghi stessi e le persone della sua vita passata lì gli risvegliano. Ne risulta un ritratto organizzato in tessere di mosaico che si intersecano e si innestano l'una nell'altra, fondendosi poi con una trama intermittente di emozioni, sensazioni, certezze, dubbi, scoperte avvertite e contemporaneamente negate…
Le coordinate spazio/temporali mutano e mostrano i vari rapporti declinati in tutte le loro possibili mutazioni.
Il romanzo parte dalla fine, o meglio, oltre la fine. Arriva un momento nel quale l'illusione di aver seppellito "qualcuno" viene meno, rimane il ricordo di quando il morto non era tale, il rammarico di non averlo voluto o saputo conoscere fino in fondo.
La meditazione sulla morte che ne subentra è anche meditazione su presenza e assenza. La morte dell'uno, in una coppia, è la morte della coppia. La separazione è separazione per ambedue. Come l'altro non è più per me, io non sono più per l'altro. In questo modo la morte stessa diventa l'espressione di un paradosso. Un paradosso simile, del resto, era adombrato dalle parole di Epicuro: quando ci sono io, la morte non c'è; quando c'è la morte non ci sono io; non v'è dunque ragione di temerla.
Vi sono momenti in cui l'atmosfera del libro vira dal sottofondo ombroso alla policromia del divertissement ed alcuni sintomi micronevrotici confessati dall'IO narrante, in particolare l'iniziale riottosità nel visitare il proprio paese d'origine e la casa paterna, la propria casa abbandonata sedici anni prima sbattendo la porta.
La tematica è quanto mai attuale: sentirsi "estranei" nei propri luoghi, nella ricerca continua per colmare il vuoto interiore dentro di noi - ed è raccontata con uno stile spesso ruvido e graffiante, dove però la salvezza non fa parte di nessuno dei due mondi. E mentre Pasolini, raccontando le periferie di Roma, lasciava spazio all'immaginare una speranza lontana, Gottardi sembra confinare l'essere estraneo di Valter nel suo essere tutto e niente. E a chi è tutto e non è niente viene data una possibilità di riscatto?
Leggete il libro, troverete una ricerca interiore che l'Autore indica come soluzione a un male perenne, storico e cosmico, al persistente senso di colpa che deriva dall'incapacità di perdonarsi delitti che in realtà non si sono mai commessi. Perché non sono delitti perché, se riflettiamo, passiamo la vita a negare e "negarci" in una sorta di autodifesa da ciò che è, ma non corrisponde a ciò che vorremmo che fosse.
L'assenza/presenza del padre delinea i tratti del protagonista in modo sapiente, facendone filtrare le fragilità, le debolezze e le paure... Il profilo di una persona vera. E questa capacità narrativa si estende a tutti i personaggi, ognuno con le proprie contrarietà, talvolta ipocrisie, ambiguità, amore e odio... Ecco non è solo un romanzo, è un vero viaggio: nel tempo, nei luoghi, nelle emozioni, un viaggio che andrebbe vissuto con calma, come la trama pare suggerire, mai forzata, mai troppo sotto tono. Però è un intreccio di vicende presenti e passate che coinvolge proiettando verso un futuro catartico che parte positivamente dalla negazione di ciò che è stato origine di ogni conflitto.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
Ci siamo sempre difesi così, rendendo impraticabile la strada che avevamo percorso, per correre da soli, salvi da ogni pericolo ma infelici di trovarci soli al capolinea, senza nessuno che venisse a prenderci la valigia.
Ma ora sono qui, e non so se questo sia il capolinea o una nuova partenza, se sono tornato o sei tu che te ne sei andato per non aspettarmi più.

E sento come se gli anni del padre che non ho visto non siano altro che una fragile sommatoria di cene non servite, di piatti non colmati e polente non fumanti, di pasti non condivisi e parole non dette, […]. Cerco allora di convincermi che non sia stato così, per comodità o solo per dare parola a un volto che non parla.

Quante vite scartiamo, quante ne inceneriamo nel fuoco di ogni scelta, ed è vano riesumarle per piangerle senza pietà, senza che le lacrime ammorbidiscano la terra dura delle occasioni perdute, delle scelte sbagliate. Scegliamo una sola vita, e vivendola scegliamo di non vivere un'infinità di vite che nessuno sceglierà, vite orfane, negate per sempre oltre l'esule condanna del presente.

Sento scivolarmi addosso il tempo, da che ero bambino fino all'ombra succinta dell'uomo di adesso.
Era come se stessi smontando gli ingranaggi del passato per ricomporlo secondo verità e giustizia, come non avessi avuto altro scopo da quando sono arrivato.



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