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All'orizzonte un toubabou:
25000 km di emozioni in bici

di Filippo Graglia

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    Casa Editrice: Pubblicazione indipendente - 339 pagine
    Formati disponibili: cartaceo e ebook




  • Genere: Viaggi

    Trama:
    "Chi sta meglio? La persona che cerca la felicità comprandosi una macchina nuova, un nuovo abito? O colui che ha il minimo necessario per una vita dignitosa, e può dedicare tempo a ridere e scherzare con gli amici all'ombra di un albero? Non c'è forse una gran dignità sociale nelle attenzioni che riservano agli anziani, e agli ultimi?".
    Un viaggio dà risposte, ma sa anche suggerire molte domande.
    Questo è il racconto dell'avventura di un ingegnere, un viaggiatore. Un incidente stradale gli insegna che il momento per la realizzazione di sé è ora. L'autore parte dalla casa in cui è cresciuto nel Monferrato e costruisce il suo viaggio lontano dai circuiti turistici. Percorrendo 25000 chilometri in 615 giorni, consumando 11 copertoni e 8 catene, si avventura con umiltà nel Sahara e attraversa il cuore del continente - la foresta equatoriale - fino a toccare l'estremo punto in cui oceano Atlantico e Indiano si abbracciano.
    Verrà arrestato, per venti giorni costretto a letto dalla malaria, eppure ogni incontro è uno scambio, la sua curiosità diviene quella di chi gli sta di fronte e i legami si consolidano attorno al fuoco. Ci sono soltanto la semplicità della vita e l'accoglienza di un sorriso, nella ricerca di nuove domande dove tutto è cominciato, in Africa.
    Include un capitolo scritto dalla mamma, Carla Villata.
    Toubabou, con le sue varianti (toubab, tubaap…), è una parola utilizzata da molti popoli dell'Africa Occidentale per designare una persona dalla pelle bianca, un europeo.

    Recensione:
    "All'orizzonte un toubabou" di Filippo Graglia è un libro di viaggio e non solo: un viaggio di 25.000 chilometri percorsi da solo, in bicicletta dalle colline piemontesi a Città del Capo attraversando l'Africa occidentale, in quasi due anni. Un buon diario di viaggio permette di scoprire, senza muoversi dal divano, il fascino di altri mondi senza soffrire di disagi, zanzare, freddo o paura che di solito accompagnano i viaggi reali; naturalmente, affinché il viaggio sia redditizio, è necessario che la nostra guida sappia cosa stia facendo, tenga gli occhi ben aperti, che sia in grado di selezionare, tra tutte le sue esperienze, quelle che mettono a nudo l'anima di un paese, di una città, delle persone che vi vivono e che, infine, sia un testimone che riesce a trasmettere le proprie emozioni attraverso la carta.
    Non è facile. In un romanzo lo scrittore costruisce un mondo, persino nei romanzi storici, che devono attenersi ad alcuni fatti, lo sguardo dello scrittore è libero di focalizzare ciò che vuole o reinterpretare ciò che è accaduto per adattarsi alla sua visione del mondo; non ci sono testimoni, quindi le interpretazioni sono possibili. In un diario di viaggio, invece, l'autore deve selezionare attentamente ciò che conta per riflettere l'essenza dei luoghi visitati e Filippo Graglia ci riesce, in pieno.
    C'è qualcosa nella prosa di Graglia che piace: un'onestà, uno sguardo lucido e allo stesso tempo compassionevole, un'emozione spesso non contenuta, la voglia di cercarsi e trovarsi attraverso la natura, gli altri, il Mondo.
    Filippo arricchisce il suo racconto di quasi due anni di esperienze personali, con dati e riferimenti storici che ci consentono di comprendere meglio ciò che descrive, e lo fa in un modo così piacevole che il libro, piuttosto che letto, viene vissuto. Ci sono momenti di tensione in cui le pagine si divorano in attesa di ciò che succederà e altre che ci permettono di sognare quella terra africana spesso immaginata.
    Leggere questo libro significa riscoprire l'Africa, ma anche realizzare una dura e nuda realtà, che noi occidentali spesso rifiutiamo di vedere: con i nostri egoismi e bramosie del possesso abbiamo perso il vero senso della vita e della sua bellezza e spesso, ci ricorda Filippo, le istituzioni internazionali non sono presenti che con cartelli messi in bella mostra su strutture fatiscenti abbandonate perché non attrezzate, come se fossero state costruite per "mettersi a posto con la coscienza".
    Durante la lettura è viva la sensazione di spiare dalla finestra uno dei territori più affascinanti del pianeta, un continente tanto vasto quanto contraddittorio. Il libro è un patrimonio di esperienze, piene di battute d'arresto e meravigliosi incontri umani ("Sei il benvenuto", i sorrisi dei bambini, o la famiglia che condivide il suo cibo semplice con il suo ospite), raccontate con una prosa leggera e accattivante che invita a condividere la passione dell'Autore per un continente pieno di pericoli e bellezze, tempeste selvagge, ambienti e terreni di ogni tipo: deserti cocenti, asfalto liscio, dolci colline e strade ridotte a pantano dalle piogge torrenziali. Filippo ci trasmette momenti di gioia intensa e momenti particolarmente difficili come quando contrasse la malaria o dovette fermarsi perché si era maciullato un dito.
    E' un libro molto piacevole da leggere, è la condivisione di una storia di sudore, sangue, fatica e lacrime. E' una storia di piccoli trionfi e occasionali disastri. E' la storia del coraggio e della determinazione di un uomo nel volersi conoscere grazie a un continente che lo attrae e di cui si sente così tanto parte. E' la storia del calore umano che Filippo incontra, persone cordiali, generose, accoglienti, fiduciose e sagge perché ancora Umane e il massimo del razzismo che, da viaggiatore caucasico, affronta è essere chiamato semplicemente e bonariamente "bianco" in idiomi diversi (toubabou è uno di questi).
    E' una storia in cui il principale mezzo di comunicazione è il sorriso che contrasta con la sconfitta dell'Umanità da parte del potere che rende ostili, anche con le armi, alcune zone travagliate da difficili situazioni politiche.
    Grazie Filippo per quello che ci hai regalato, grazie mamma Carla per il capitolo finale in cui, con poche parole, ha dipinto l'amore di una madre che si mette di lato perché il figlio sia felice e viva pienamente il suo desiderio di conoscere, da mamma mi sono sentita vicino a lei ad accogliere Filippo in cima alla collina di Albugnano.
    Grazie per questo racconto di viaggio vivace, vivido e arricchente anche dal punto di vista personale che vale ogni goccia dell'inchiostro usato per trascriverlo.
    "Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali - l'aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo - tutte le cose tendono verso l'eterno o ciò che possiamo immaginare di esso." (Cesare Pavese)
    (Luisa Debenedetti)

    Citazioni da questo libro:
    (...) Alla fine di ogni viaggio rimuginavo: vorrei sperimentare un'esperienza più completa, vorrei viaggiare senza una meta e un biglietto di ritorno. Per liberarmi dalla pressione del tempo, per diventarne alleato, poterlo condividere senza doverlo soppesare. Per trasformare infine il tempo in una ricchezza."

    "...ho contemplato il piacere del momento, la mente sgombra e un sorriso incessante dietro la sciarpa."

    "Viaggio spesso per perdermi, con l'intento di scoprire cose nuove."

    "Il sorriso. La chiave della porta ai cuori delle persone. E' un linguaggio universale."

    "Viaggiando ho ricominciato ad apprendere chi sono, a conoscere il mio io interiore. Ho imparato che non c'è una risposta sola, ho capito che sono le esperienze che vivo, sono le decisioni che prendo, sono in divenire. Il Viaggio è una scuola."

    "Adesso c'è quiete dentro di me, c'è pace. L'essere umano cerca anche fuori il paesaggio che si porta dentro, dice Etty. Ecco la quiete esterna: in quel vivaio di stelle, io sono un granello di sabbia confuso ai miliardi su cui poggio; in armonia con ciò che mi circonda, sono un tutt'uno con l'universo. Ho stabilito l'equilibrio, il cerchio si è chiuso."



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