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Civico-19
di Gloria Bertolasi

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    Casa Editrice: Edikit - 166 pagine
    Formati disponibili: cartaceo e ebook




  • Genere: Storie vere

    Trama:
    Tutte le certezze di Irina si sgretolano quando il marito la lascia.
    Si vede perciò costretta ad abbandonare il suo Paese, l'Ucraina, sua madre e i suoi figli per cercare un futuro in Italia, dove riesce a trovare lavoro. E' in un paesino tra le colline emiliane che si stabilisce per fare la badante a Teresa, una vecchia conoscente di suo padre. Qui si costruisce una nuova vita, una nuova routine, ricominciando a sperare di riabbracciare un giorno i suoi cari. Farà nuove amicizie e consocerà anche un uomo interessante, il medico del paese, che le farà di nuovo battere il cuore.
    Ma non ha fatto i conti con una pandemia globale, quel Covid-19 che in pochi giorni sconvolgerà ancora una volta la sua vita, e quella di tutto il mondo.

    Recensione:
    "Civico-19" di Gloria Bertolasi è un appassionato eppur delicato lavoro che tratta sì del maledetto virus che attualmente tiene il mondo sotto scacco, ma non solo.
    E' la storia, ambientata nel parmense durante il periodo della prima ondata covid, di Irina, giovane italo-ucraina emigrata da Kiev per necessità, allontanatasi dai figli e dalla madre, per fare da badante all'anziana Teresa. L'Autrice parla di malattia e sentimenti, traducendoli in tessere di mosaico, frammenti di esistenze raccolti minuziosamente per dare vita e corpo a moltitudini di sensazioni. Quando si affronta la sfera dei sentimenti e della malattia, soprattutto in questo periodo di pandemia, la banalità o il grottesco attendono acquattati - con ghigno ed artigli di belva - dietro ogni angolo, pronti a divorare in un boccone libro ed autore che troppo indulgono in sdolcinatezze facendo scomparire l'opera al lettore, il quale si troverà a sfogliare un libro vuoto, un catalogo di banalità che scomparirà dalla sua mente man mano che gli occhi avranno terminato di compitarne il testo. Qui, invece, le belve restano a bocca asciutta, la trama e l'ideazione del romanzo non risentono della sindrome della banalità. Gloria sceglie di raccontare un periodo della vita di Irina, la protagonista, dal punto di vista più semplice, e per questo più complicato: nella quotidianità. La narrazione scorre come il ticchettio delle lancette di un orologio, che scandisce il volgere di minuti e giornate, creando una solida trama che nasce dalle cose semplici, dai gesti quotidiani, dal vivere nella semplicità dei giorni nostri, comuni e "sospesi" (qui banale sono io). Il linguaggio è quasi minimalista fatto di semplici pensieri, e di altrettanto semplici gesti: un caffè, le piante da bagnare, il trucco da applicare sul viso di Teresa, una vacanza, le videochiamate dei figli lontani, i passaggi in farmacia, le visite dal medico e del medico; sono atti del vivere quotidiano in cui sono racchiusi i sentimenti, non viceversa.
    La trama, narrata con un linguaggio genuino ed immediato, scorre fluida, intrecciando le storie dei personaggi che popolano il mondo di Irina.
    Vorrei sottolineare la sensazione musicale che si ha durante la lettura, potrà sembrare paradossale, ma si ha netta la sensazione che la storia sia sussurrata, non ci siano strilli, né stridore. Gloria conduce con dolcezza il lettore nel viaggio del racconto, dove si alternano parti amare, angosciate, ma sempre raccontate con levità.
    Il lettore che si avventura tra le pagine di questo bel libro, vi trova la vita analizzata impietosamente, che viene capovolta e privata dalla solita patina banale e stantia, sezionata incidendo la carne viva e pulsante; la mano dell'autrice si rivela abile nel fare ciò guidata dalla tragica esperienza che l'ha travolta, portandola a far vivere a Irina la vita in profondità, analizzandone la grammatica silenziosa, l'algebra misteriosa delle cifre che la contraddistinguono per poter distillare parole tanto amare ma assolutamente piene di vita, vissuta e amata. Il lettore si trova di fronte a parole universali nel loro saper cogliere aspetti che possono colpire tutti ma densi di vita e pullulanti di germogli di speranza.
    L'Autrice e il lettore si trovano legati da un grande coraggio: quello di leggere ad alta voce le parole del dolore, quello straziante, capace di aprire crepe nel corpo oltre che nell'anima.
    Malgrado il nero che spesso scaturisce dalle pagine del libro è impossibile non continuare a leggerlo, le frasi brevi riecheggiano, riverberano le une sulle altre, creando una scrittura pluridimensionale, in cui le sensazioni dell'immaginario diventano sensoriali, avvincendo il lettore. Nero è il colore che di primo acchito emerge durante la lettura, nero dolore, nera angoscia, nero abbandono, ma un nero affatto luminoso, chiaro di lucidità, del capire che può/deve essere di esempio di speranza per tanti. Un bel libro da leggere sull'amore, la sofferenza e il dolore, bello nel suo essere privo di stereotipi, nel suo essere implacabile, come l'amore e la sofferenza lo sono.
    I miei complimenti a Gloria per questo lavoro che forse resterà "figlio unico", per non aver ceduto alla rabbia e alla rassegnazione di fronte al dolore, per la scelta di devolvere i proventi del libro a Unicef e anche per l'aver ben individuato le canzoni di De André come titoli dei capitoli.
    (Luisa Debenedetti)

    Citazioni da questo libro:
    "Era stata l'abitudine a metterci insieme, come se fosse impossibile immaginarsi l'uno senza l'altra. Una tenera comodità che calzava bene ad entrambi."

    "Mia madre dopo pochi mesi scoprì di essere incinta di quell'artista bizzarro che le sembrava conoscere da sempre. Guardando la sua pancia che cresceva, non le interessava che cosa potesse pensare suo padre, perché se era vero che per avere un figlio doveva aspettare l'uomo giusto, lei quest'uomo l'aveva trovato."

    "Teresa ascoltò i miei lamenti e io mi sentii finalmente compresa. La notte oscurò la luna, l'umidità della sera diventò fastidiosa, quindi rientrammo in casa tenendoci a braccetto, dubbiose su chi delle due avesse più bisogno dell'altra."

    "(...) certa che in Italia niente faccia più clamore di un ministro avvistato a far compere con l'auto blu. Nemmeno un virus letale."

    "L'ignoranza, che è un male per l'umanità, può essere una difesa dalla paura."

    "Il Covid ci ha reso tutti uguali. (...) Il virus è un antidoto all'invidia, la mascherina rende belle o brutte a seconda dell'immaginazione. (...) Sono a mio agio per la prima volta nella mia mediocrità."

    "I medici hanno a volte dovuto scegliere chi salvare, come si fa sulle scialuppe di un transatlantico che affonda. La discriminante è l'età, inopinabile certamente, anche se della giustizia non ti importa più quando in coda per la salvezza c'è un tuo caro."

    "Mi sento nuovamente orfana. Mi sento colpevole senza aver commesso reato."

    "Nella vita puoi rimetterti in gioco, ma devi essere pronto a perdere."



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