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Con la mia sete intatta. Tutte le poesie
di Ferruccio Benzoni

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    Casa Editrice: Marcos y Marcos - 399 pagine
    Formati disponibili: cartaceo




  • Genere: Poesia

    Trama:
    Se si volesse tentare di redigere il catalogo della poesia del Novecento italiano, si tratterebbe d'un lavoro difficile, arduo, forse impossibile. Vale quindi il tentativo di aver tolto Ferruccio Benzoni dall'ombra nella quale poteva cadere. La sua poesia era ed è il passo notturno delle "musiche" di attesa e stupore, d'una arresa triste dolcezza che guarda e ascolta il quotidiano andarsene del giorno. La sua poesia si fa compagna nella discrezione, nell'etica della decenza, nell'umiltà severa che traccia la linea invisibile del lento pedalare verso casa. Così, in "Numi di un lessico figliale": "Nel verde dei suoi occhi aguzzi riarde un mio futuro di metrica e di vita. Di polvere e di metrica per l'esattezza con cui ho composto i miei vivi in marmo. Ma spiove intanto: i fiori che lei ama avranno tregua". Gli era caro il segreto silenzioso di un privilegio: quello del dolore che non dà tregua e riconcilia, quanto più è forte, con la vita, consegnandole la cifra indelebile di una adesione "appassionata". La sua poetica dice di sé quel che può essere compreso e trattenuto a lume di un senso lontano. Ogni volta è il bisogno di non lasciar al niente il miracolo della bianca pianura della pagina. Da "Fedi nuziali": "Solo adesso potrei dire che l'inverno rifonde tenendole per sé le memorie".
    (Francesco Scarabicchi).
    Introduzione di Massimo Raffaeli.

    Recensione:
    "Con la mia sete intatta", significativo passo del componimento Confessioni per un autoritratto, è la raccolta delle opere di Ferruccio Benzoni, un poeta che mostra una straordinaria miscela di sensibilità romantica e tecnica modernista. I suoi soggetti sono sempre gli stessi: amore, natura, amicizia, famiglia, memoria, solitudine, morte e, soprattutto, poesia; temi che si uniscono in modo "sorprendentemente sorprendente".
    Come lettori, possiamo solo speculare sull'io "non identificato" e "tu" dei componimenti; potrebbe essere un Benzoni appassionato/disilluso e un interesse amoroso senza nome, o altrettanto facilmente il bambino Benzoni e sua madre. Non possiamo dire se stia parlando con se stesso o con una persona sconosciuta o con entrambi contemporaneamente. Tuttavia, l'impressione finale è di una forza immensa ("vasta, eccessiva, elementale") che minaccia di sopraffare e cancellare il sé fugace e fragile.
    Inarrestabilmente autobiografico, Benzoni medita su figure importanti della sua vita, come sua madre, il suo migliore amico e mentore Vittorio Sereni, sua moglie Ilsa Maier e suo padre, uomo come lui tormentato. Benzoni incide immagini vivide di tutte queste figure, molte delle quali perseguitano i suoi versi.
    Vi sono molteplici frammenti della vita quotidiana di Benzoni e non mancano commenti ironici e autoironici.
    In "Incontro con il padre" (pag. 264) Benzoni scrive brevemente e memorabilmente:
    E infine noi due
    Percossi da uno stesso male:
    tu con la tua sepoltura
    tacita in un'alba attonita -
    e io che per vincere (per vivere!)
    dovrò sprintare bruciandoti
    in un fotofinish di gregari svuotati.

    Non sappiamo cosa fosse questo "stesso male", ma possiamo immaginare (attraverso altre poesie) che entrambi abbiano sofferto di attacchi di depressione. In questa poesia, in cui tutto si riduce a una competizione tra padre e figlio, come fossero ciclisti, per vedere chi può vincere, ma vincere cosa e per quale causa? Ad un certo livello, la poesia suggerisce una risposta ottimista e affermatrice della vita: continuare a vivere o "(vivere!)"; a un altro livello, suggerisce il contrario, vale a dire che il padre è morto prima del figlio, un evento sorprendente (da cui l'"alba attonita"). Lette in questo senso, le ultime due righe sono estremamente ironiche. Per vincere la corsa alla morte, Benzoni deve esaurire tutte le sue risorse personali, comprese quelle di familiari e amici, che vengono "svuotati" nei loro sforzi per tenerlo in vita. In questa lettura alternativa, "vivere" significa raggiungere l'immortalità personale attraverso la poesia (le parentesi qualificano ulteriormente e con precisione cosa significa vivere). Le categorie convenzionali di vita e morte, vincendo e perdendo, vengono capovolte e capovolte. Questo "fotofinish" non verrà mai riportato dalla cronaca sportiva; padre e figlio sono atleti solo nel senso che lottano strenuamente con i propri demoni.
    Benzoni scrive molte poesie d'amore per Ilsa Maier, tra cui "Sposalizio d'inverno" (pag. 71) che celebra e lamenta la loro unione e la sua dissoluzione. Nel corso di una stagione "putrescente nella poltiglia di poi", di "neve sugli indifesi rami", di "ingiurie struggenti le lapidi", de "il morso della bora", Benzoni esorta Ilsa a ricordare "i chiari di fanciullezza in cui crollavamo per troppo amore" e la "voglia di essere raggianti a un diluvio di lillà sulle rovine". E' un componimento di emozioni contrastanti in cui l'intensa solitudine si contrappone al desiderio di compagnia. L'ultima immagine è brillante "l'inverno in cui ci siamo amati
    togliendo neve da un mazzo di fiori bianchi"
    , fondendo bianco su bianco è come se la vita si fondesse con la morte in un gesto quasi gioioso che entrambi svolgono insieme.
    Vi sono poesie di Benzoni, le ultime, in cui manifesta la preoccupazione di morire per complicazioni dovute ad insufficienza epatica. Queste poesie non sono mai morbose; osservano invece con sorprendente chiarezza e obiettività la prospettiva che la sua poesia possa (o non possa) sopravvivere.
    C'è da rilevare una caratteristica stilistica tipica di Benzoni: in molti periodi conclusivi delle sue composizioni la frase si fa frammentata, ma al contempo chiusa dal punto finale; il giro sintattico, al contrario, non si chiude ma piuttosto si afferma in una non risolutezza, come a voler dare testimonianza anche linguisticamente di una mutilazione.
    L'Autore si confronta prevalentemente con la memoria dei morti, sia della sfera del privato (la madre Giovanna, il padre, gli amori passati e in una qualche misura la non nascita del figlio), sia in quella del suo mondo di riferimento esistenziale: Fortini, la causa comune dei compagni, Paul Celan un poeta che per Benzoni fu decisivo al punto da essergli "fino all'ultimo", secondo le sue stesse parole, qualcosa più che amico, lutti meno privati ma non per questo meno personali.
    La poesia di Benzoni si costruisce spesso su un impiantito che si appoggia su quelli che vengono definiti segni del "tu": apostrofi dirette, commenti, richiami, domande che implicano la figura di un narratore-personaggio molto spesso identificabile con la figura della madre (colei che Benzoni definì un tu non ipotetico e caro) L'influenza di Celan, che trovò in sua madre la musa della memoria e nella sua simbologia cromatica è spesso affiancata all'azzurro, è evidente in Benzoni: nei suoi molti componimenti dedicati alla figura materna, questo legame tra l'azzurro e la madre è presente in maniera ossessiva, producendo un effetto di ridondanza al quale è impossibile sottrarsi.
    Benzoni ci offre i segnali del suo essere attaccato alla poesia come a un cornicione, ci mostra quanto la poesia sia stato il suo strumento di conservazione fanciullesca, per mai crescere: dove l'uomo è costretto all'abbrutimento della vita, il poeta si salvaguarda nel ricordo e in quel panorama poetico vive il proprio più intimo tormento e la propria dimensione più profonda ed estenuante.
    E' stato detto che la poesia è sempre una serva padrona che rifà il verso alla vita mentre la prende per la coda. Ma essa è anche una dannazione indelebile. In essa convivono al contempo il riscatto e la piena consapevolezza di quanto la propria avventura sia riassumibile in "Nei paraggi di un dio furtivo" (pag.217) come
    "la solita forca
    letteraria più o meno esclusivamente fallimentare."
    (Luisa Debenedetti)



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