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Genere: Poesia

Trama:
La silloge Condense evoca la fragile consistenza di qualcosa che si forma solo a determinate condizioni, ed è destinata a una durata effimera: il quotidiano fluire degli eventi, attraverso il setaccio della sensibilità del poeta, produce impressioni e suggestioni che, labili e tenaci, si fanno parola. Tesi e dolenti, nelle nostalgie che cantano, i versi sciolti delle liriche mai rinunciano a una crepuscolare speranza e a un'inesausta ricerca di senso che restituiscono valore all'attimo presente. Occasione sempre possibile, profonda e leggera al tempo stesso, di interiorizzazione e consapevolezza.

Recensione:
"Condense" è una silloge di Rosario Dipasquale, 21 componimenti di poesia non comoda, indubbiamente impegnativa. E' una scrittura che va scelta, così come si sceglie di riflettere su se stessi e su ciò che accade alla nostra esistenza o all'esistenza di chi ci sta intorno, in ogni caso si tratta di una scelta ragionata, voluta, talvolta coraggiosa, quando di tratta di una riflessione capace di mettere a fuoco le conseguenze di valori o disvalori.
In questo libro la scrittura è musica, ritmo che scorre sull'orlo dell'esistenzialismo e scandaglia le principali tematiche umane e l'incapacità di congiungersi con un Amore e con l'esistenza stessa, la quale, con le sue dinamiche che ben conosciamo tutti, spesso crea disagio. L'Autore fa questo ricorrendo a costruzioni simboliche e figurative, vere e proprie architetture di pensiero, innalzate ricorrendo ad equilibri e incastri tra aggettivi e sostantivi, i verbi ne sono gli architravi, una parte meno evidente, ma ovviamente sostanziale.
Nel suo dire simbolico, la poesia non deve mai abbandonare le strada della realtà e, dunque, dell'esperienza umana, quest'ultima va posta semmai a fondamento di tutta la costruzione; Dipasquale, affondando i paletti soggettivi/oggettivi della poesia nel "minimo comune terreno" (prendo in prestito il concetto matematico del minimo comune multiplo) in cui avviene l'esistenza di ogni individuo, indica, al lettore, la strada nel proprio mondo interiore di visioni, esperienze e ricordi, costringendolo, come se sulle pagine del libro roteasse un vortice, ad entrare nella sua (dell'Autore) multiforme proposta cognitiva, ma fornendogli una via d'uscita: è sufficiente tenere a mente l'idea che stiamo viaggiando nel mondo della poesia e, a causa della sua universalità, essendo peculiarità di ogni essere umano, per un misterioso processo di osmosi, passiamo dalla soggettività dell'Autore alla nostra; l'esperienza del poeta diventerà magicamente la nostra come se fossimo al fianco di una guida che, attraverso i versi, ci accompagna fino alla Poesia, attraverso un viaggio impegnativo e rischioso al termine del quale il poeta ha come scaricato il fardello del proprio disagio esistenziale e noi con lui.
Dipasquale esaurisce il compito dello scrittore cioè costruire la scena in cui il lettore possa entrare.
La poesia, come la musica, sorprende la verità ogni qualvolta la leggiamo o l'ascoltiamo, si torna ad essere noi quando una poesia o una melodia ci accompagna, ogni incertezza prende la forma di quelle parole, del ritmo e sopratutto si annunciano frammenti di vita che ignoravamo, le parole baciano la nostra pazienza sciogliendola in benessere, anche se i temi trattati sono oscuri, si tratta sempre di benessere. Checov scrisse in un quaderno di appunti: "Se temete la solitudine, non sposatevi", io mi permetto di aggiungere: e non leggete questo libro (se, come me, siete di diverso avviso, non perdetevelo). Nei versi di Dipasquale si può cogliere un'idea del mondo assolutamente nuova, in cui i sentimenti non sono travestiti di retorica. Siamo di fronte a una poesia che possiamo recitare in modo musicale, sonoro. E' la stessa comunicatività che possono avere cantautori come De Andrè e Paolo Conte. La musica, in effetti, ho letto che sia una delle passioni dell'Autore, la sua è una musica dal ritmo particolare, anche nella struttura dei versi, cui si deve la naturalezza con cui il poeta passa, senza mutare tono, dal quotidiano all'astratto, dal colore al disegno, dal colloquiale all'epigrafico, dal domestico al metafisico. Temi preferiti sono il viaggio nelle terre di nessuno del personale e la caccia, ossessiva, a un'imprendibile preda. Unico rifugio umano è proprio l'incerto confine tra il vero e l'immaginario, tra il certo e il possibile: anche l'Assoluto, se esiste, abita nell'ambiguità.
Da leggere.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
"(...) sfuggire all'ostinato ritmico del destino
Piegando la convalescenza
Su felici colpi di tosse
assestati al mio pigro incedere
verso il deserto solstizio
di una musica
domani
da suonare
ubriaca e inafferrabile"
(da I giorni tossiscono)




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