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Gettiamo il nostro corpo nella lotta.
Il giornalismo di Pier Paolo Pasolini

di L. De Giusti e A. Felice

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    Casa Editrice: Marsilio - 295 pagine
    Formati disponibili: cartaceo e ebook




  • Genere: Saggi

    Trama:
    L'impegno giornalistico di Pasolini ne contrassegna tutta la vita adulta: ha inizio negli anni della formazione universitaria e si prolunga fino alle soglie della morte con i celebri Scritti corsari. Tale cospicua e febbrile attività viene qui per la prima volta sistematicamente indagata in tutte le sue fasi e forme: una ricognizione che illumina l'evoluzione del suo sguardo sulla realtà, soprattutto italiana, in stretta correlazione con i cambiamenti del contesto storico, le mutazioni di quello antropologico, gli sviluppi del sistema culturale nel quale agiscono i media di cui il poeta si serve per svolgere il suo discorso e condurre una lotta che alla fine si fece arroventata controversia politica. Attraverso le voci di studiosi, scrittori e professionisti dell'informazione si riflette sullo specifico apporto di Pasolini alla pratica giornalistica sulla quale imprime, con la passione di sempre, il marchio inconfondibile della sua sensibilità. Scaturito da un doppio convegno di studi, il volume raccoglie interventi e relazioni di Stefano Casi, Gianfranco Ellero, Elvio Guagnini, Ricciarda Ricorda, Gian Carlo Ferretti, Anna Tonelli, Angela Felice, Raoul Kirchmayr, Filippo Milani, Valerio Valentini, Giampaolo Borghello, Giovanna Trento, Roberto Chiesi, Alberto M. Sobrero, Marco Dalla Gassa, Massimo Raffaeli, Filippo La Porta, Franco Arminio, Tommaso Di Francesco, Antonio Padellaro, Benedetta Tobagi, Silvia De Laude, Nicola Mirenzi, Simona Zecchi.

    Recensione:
    "Gettiamo il nostro corpo nella lotta - Il giornalismo di Pier Paolo Pasolini", a cura di Luciano de Giusti e Angela Felice, è la raccolta degli atti del Convegno di studi "Pasolini e il Giornalismo" che si è svolto in due parti, la prima nel novembre 2017 e la seconda a nell'aprile 2018, che ha visto gli interventi di 24 relatori tra giornalisti, critici, filologi e poeti.
    E' un saggio articolato sulla figura di un uomo su cui è stato detto tutto e il contrario di tutto e le diverse relazioni riportate evidenziano le sue diverse sfaccettature.
    Quello che emerge è certamente una figura di spicco della cultura italiana, che si era già fatta notare in gioventù, e che fece tutto il possibile per agitare le acque stagnanti del tessuto artistico, sociale e letterario.
    L'avvicendarsi degli interventi, pur essendo la lettura non sempre agevole, dà movimento alla raccolta ed è stimolante in quanto fa scoprire, al lettore interessato, quanta attualità vi fosse nel lavoro di Pasolini: dalla tematica sul finanziamento pubblico ai partiti, al tema dell'omosessualità, alla riforma del sistema carcerario.
    Vengono dipinti l'acume e l'abilità di Pasolini nell'espressione del suo pensiero, il talento espresso dalla poliedricità della sua arte, la temerarietà nel dipingere la società italiana pur nelle sue continue contraddizioni e in un lacerante processo di ricostruzione identitaria.
    Viene riportato il battito potente di una vicenda umana che ha sempre cercato la sua affermazione anche a costo di risultare scomoda, corrosiva e spietatamente lucida, senza dimenticare di evidenziare quanto l'intellettuale Pasolini fosse disprezzato dalla destra perché omosessuale e comunista, quanto fosse attaccato dalla nuova sinistra perché non approvava l'arroganza della generazione sessantottina e infine quanto fosse osteggiato anche dalla generazione che aveva "fatto la Resistenza" che lo bollò come reazionario per le sue critiche alla post-modernità.
    Incontriamo Pasolini, il poeta, l'antigiornalista (come afferma Nicola Mirenzi) che denunciò l'omologazione culturale dei giovani fascisti e antifascisti, che non si omologava tanto che, come testimonia Antonio Padellaro, scrisse una lettera al direttore del Corriere della Sera, suo datore di lavoro, definendolo "triviale e laida puttana".
    Recepiamo quanto la forza di Pasolini fosse la sua passione etica, etica che vedeva disintegrata dalle élite per distruggere la comunità e i suoi conflitti al fine di mettere al loro posto un nulla astratto e stravolgerli per i propri fini; Pasolini aveva visto tutto questo e nella sua intuizione artistica affermava di averne le prove. Le prove erano nel suo stesso agire, nel suo osservare la realtà con i sensi enormemente sviluppati e poi lasciare che la sua intuizione scavasse nel proprio tempo per andare "altrove"; le prove erano il frutto di un instancabile lavoro di ricerca dell'evidenza, erano il suo sconvolgente vedere e il suo provocatorio dire, un dire "per appunti": i suoi articoli, i suoi scritti e le sue opere cinematografiche sono un amalgama di appunti e per questo ancora oggi sono incisivi, fanno male, colpiscono nel vivo.
    E forse per questo l'hanno ucciso.
    E' una lettura impegnativa, oggettiva e molto interessante, estremamente calzante la scelta del titolo tratta da un articolo apparso sulla rubrica "Il Caos", che Pasolini teneva su "Il Tempo" del 20/12/1969 e citato da Angela Felice nel suo intervento:
    Noi scrittori, noi giornalisti siamo uno specchio, tanto più nitido e rivelatore, quanto più ci spendiamo e quanto più gettiamo il nostro corpo nella lotta. Questo specchio si chiama diritto alla libertà di opinione e di espressione.(...)
    (Tatiana Vanini)



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