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Genere: Thriller

Trama:
Maia Parodi torna a lavorare in questura dopo una gravidanza andata male e viene trasferita alla sezione omicidi. Una donna è appena stata ritrovata morta e l'unico indizio è un medaglione a forma di fiore con quattro petali, di cui uno dipinto di blu, rinvenuto sulla vittima. Le indagini non decollano, ma quando una seconda donna viene uccisa, Maia scopre che le due vittime frequentavano un misterioso centro esoterico e che gli omicidi potrebbero essere collegati alla teoria dei quattro elementi. Altre due persone sono quindi destinate a morire?

Recensione:
"Il fiore dell'apocalisse" ci fa entrare nelle pratiche meditative, ci offre insegnamenti per focalizzare il nostro io interiore, ritrovare la pace e superare i conflitti. Un mondo di pace, di bellezza e armonia che si scontra con il terrore seminato da un serial killer organizzato, spietato e motivato a portare a compimento il proprio distorto disegno.
Il caos irrompe, la tragedia affonda le zanne e noi veniamo catapultati in una storia che attrae.
E' un thriller a sfondo psicologico dove, per l'impostazione della trama e la scelta dei personaggi, ritroviamo una dimensione tutta al femminile: donne sono le vittime, donne sono coloro che indagano. Sono figure forti e fragili insieme, segnate in modo diverso da esperienze dolorose che hanno lasciato impronte nei loro caratteri e nel modo che hanno di vedere e rapportarsi con l'esterno. Tramite loro, Luisa Colombo pone l'accento sugli abusi e i lutti che alcune donne si trovano ad affrontare, dimostrando sensibilità, cura e attenzione nei particolari per creare un impatto emotivo. Le sue protagoniste Maia, Anika e Giada, sono volutamente caricate: nelle reazioni, nei discorsi, nei comportamenti sono spinte all'eccesso, come il motore di un'auto costantemente su di giri. Hanno incarichi di responsabilità, situazioni familiari difficili, orari impossibili per porre l'accento sulle troppe responsabilità che a volte vengono caricate sulle spalle delle donne, alle quali viene chiesta la perfezione in tutto. Richieste che sono un invito alla resa, per poter dire "Hai fallito, meglio che stai a casa tra fornelli e pannolini".
I personaggi maschili nelle descrizioni risultano dissonanti, disturbanti, con qualcosa che non va e li rende figure nelle quali non si può riporre completamente la fiducia.
E' anche doveroso segnalare che, all'interno del libro, ci sono personaggi femminili negativi e, in contrapposizione, uomini positivi, ma si ha comunque la percezione di trovarsi di fronte ad un libro scritto per le donne, un thriller, certo, ma che ha un'attenzione particolare per il lato rosa dell'universo, così spesso bistrattato e brutalizzato.
In questo thriller non manca anche una nota misterica extrasensoriale, sogni e visioni che forniscono indizi, anche se vengono prese con le dovute cautele e onesti scetticismi. E' un elemento di colore, un omaggio a quell'intuito spesso riconosciuto alle donne, prezioso nel romanzo, dannoso nella storia passata dell'umanità (basta pensare ai processi alle streghe), perché ha fomentato accuse e persecuzioni.
La narrazione, per la maggior parte dell'opera, è in terza persona; è ricca di ritmo, ben impostata, priva di descrizioni inutili, con indizi fuorvianti che fanno sembrare molti colpevoli, alimentando il dubbio e stuzzicando la curiosità. In alcuni momenti, invece, ovvero nelle parti che riguardano direttamente le vittime e il colpevole, entra in gioco l'io, un protagonista che parla direttamente del momento vissuto, nella situazione attuale. E' un cambio di registro che non trovo molto funzionale e la spiegazione è semplice: non ci sono i pensieri, i ricordi, le inquietudini di un solo soggetto, ma di diversi che si avvicendano. Non si fa in tempo ad entrare in connessione con ciò che ci viene detto che l'interlocutore muta. Si resta in superficialità, quando parlano le vittime appaiono tutte uguali, intercambiabili, e i loro palpiti sono così brevi che si rimane delusi. Quando ad esprimersi è l'antagonista, il killer, non si sentono brividi, manca tensione, è un cattivo bidimensionale, non arriva tutto lo spessore che il personaggio potrebbe possedere. E' un rischio la narrazione in prima persona, sembra più intima, ma in realtà spesso mette un muro fra chi racconta e chi legge, una distanza difficile da abbattere, che lede l'empatia, inficiando l'interiorizzazione delle scene narrate.
Tra colpi di scena, delitti che paiono inarrestabili perché chi lavora nell'ombra sembra capace di non lasciare tracce e pianifica tutto con cura ossessiva, troviamo interessante il cammino delle donne chiamate ad investigare: Maia, Anika e Giada, smussano pian piano i loro angoli acuti, riscoprendo il valore dell'amicizia e del sostegno reciproco, si riaprono all'amore e alle possibilità della vita. Trasmettono un messaggio positivo di tenacia, dimostrando che si può resistere alle avversità. Non si limitano a sopravvivere, ma combattono e vincono. Sono fiori delicati che affrontano l'apocalisse e ne escono migliorate e anche più simpatiche.
Il finale di questo romanzo è l'ennesima sorpresa di una trama che non molla mai: c'è una soluzione e un sospeso. Che l'autrice voglia regalarci un seguito?
"Il fiore dell'apocalisse", un thriller rosso sangue con intriganti sfumature: scritto da una donna per tutte le donne.
(Tatiana Vanini)



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