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Genere: Poesia

Trama:
La mia cava è un viaggio verso il ritrovamento di un io attaccato alla vita e agli affetti più profondi.
Le parole diventano la grotta, il nido pascoliano in cui rifugiarsi in seguito alla morte violenta del padre che provoca uno stravolgimento emotivo.
Attraverso la memoria si segue la scia di temi e luoghi associati agli incontri, ai dialoghi e alle speranze. I colori della città, i respiri, le parole dei passanti diventano lo strumento di attaccamento alla figura paterna, presenza che accompagna l'autrice nella sua esistenza quotidiana.

Recensione:
"La mia cava" di Teresa Perini è quello che definirei un ponte tra finito e infinito: in questa tensione ambiziosa si muove la sua scrittura.
Durante la lettura si avverte l'impressione di un versificare segnato da ferite alle quali dare, nel lenimento ontologico di una parola che rinominando ricuce e annulla distanze, spazio di lettura e incontro di mondi nuovi; non terreni però, poiché per l'Autrice il nostro è un luogo chiuso, se non di morte, comunque di reclusione e di annullamento.
Il titolo, come ci ricorda nella prefazione Ilinca Daniela Ionita, deriva da "Il garofano rosso" di Vittorini in cui la "cava" è il luogo in cui si consolida un legame di familiarità e amicizia; in questo caso il filo conduttore, ganglio emotivo dell'opera, è il padre di Teresa e il rapporto profondo instaurato tra i due. Si può dunque intuire l'intensità sonoro-emotiva delle parole con cui Teresa intesse i suoi "versi", per lo più lunghi, definendo una struttura narrativa di tutto riguardo in un dettato poetico, ovviamente sostenuto da sostantivi e verbi illuminati o ombreggiati dalle scale cromatiche degli aggettivi innestati nella costruzione pittorica (o fotografica), che ciascuna composizione sembra essere, ne basterebbe una sola per dare il senso e la profondità della realtà poetica irradiata dalla giovane Autrice.
Di composizione in composizione, ci si accorge della bellezza e della unitarietà del viaggio che si è iniziato in questa galleria di sentimenti, ricordi e immaginazioni, l'insieme delle venticinque parti è un unico "poema", un'elegia all'amore paterno/filiale.
Non è facile parlare del rapporto paterno senza cadere nell'ovvietà, a mio avviso, qui non accade. Le parole sono intrecciate minuziosamente, accostate l'una all'altra in modo semplice ma impensato, innestando quel quid poetico da cui traspare un'anima che sa dire della propria esperienza fisica/spirituale/sentimentale in modo da sorprendere per quella sequenza di parole che, come colori, si armonizzano e donano commozione al lettore che si trova di fronte ad uno stile poeticamente corporale di una giovane donna che, coraggiosamente, espone coerentemente la propria ferita e il suo personale rifugio.
Due cose, ancora, mi hanno colpito, i frequenti riferimenti ai capelli e alle sigarette: un simbolismo, quello dei capelli, che rappresenta le radici di Teresa perché racchiude in sé i ricordi ed al tempo stesso costituisce il "filo dell'anima" dell'essere umano, una proiezione delle idee, dei pensieri e della sua personalità.
La sigaretta è una metafora che può spiegare una vita, l'abitudine è una palude in cui la sigaretta può non dare più nulla oltre la nicotina, non appagare più se non la voglia vuota di farsi coraggio epilettico e compulsivo. E' prima del fumo, prima del filtro che la sigaretta ci parla di come possiamo essere, in quell'istante iniziatico che precede il grande balzo, lungo pochi battiti, ma lanciato sulla prospettiva degli anni; Teresa lascia la sigaretta a metà, "Io aspettavo il treno, lei che qualcuno potesse finirla o ridarle nuova vita: non voleva essere lasciata in bilico tra essere sigaretta e mozzicone, un po' come me." (XIII)
Il parere personale da lettrice è che il soffio della poesia sia passato su Teresa, che ha detto molto ma molto avrà ancora da dire data la giovane età, e a cui consiglio di avere maggiore fiducia nelle proprie capacità lavorando ancora di più affinché il suo stile, di per sé già personale, non subisca ulteriori influenze dalla letteratura precedente, cosa che comunque lei non nasconde.
(Luisa Debenedetti)



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