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Genere: Fantasy

Trama:
Bethel ci narra di una vita sconvolta da un'esperienza mistica, in cui amore e spiritualità vanno di pari passo. Un enigmatico sogno che trascina tanto la protagonista quanto l'autrice stessa in un vortice che tende alla scoperta di sé. Una scoperta che trova nell'amore la sua irrinunciabile guida e ispirazione. Una rivelazione che ci esorta ad assaporare la vita nelle sue componenti più sottili, riscoprendo la profondità e l'unicità dell'uomo.

Recensione:
Una lettura che ha suscitato in me emozioni potentissime ad ogni pagina. Sotto le vesti dei personaggi, descritti con cura e con affetto, Io ed Es si confrontano tra loro continuamente. La vita materiale, intrisa del dualismo che esige la compresenza di gioia e dolore, avversione ed attaccamento, bene e male, si misura con la vita spirituale, la sua totalità, il confluire nel Tutto. L'abisso oltre il quale i protagonisti, il druido Vessagh e la capoclan Bethel, sono chiamati ad andare è quello edificato dal sé che ogni creatura vivente si illude di possedere mentre dimora nella dimensione terrena. Il salto simbolico è la riunione degli opposti nell'unità dell'Amore, fonte della Vita. Un'unione imperitura, inscindibile, che non conosce i limiti del tempo e dello spazio. Un abbraccio idilliaco, arduo da concretizzare entro i limiti della materia, ove imperano il personalismo, il giudizio, le regole, le barricate. Tutto ciò di cui facciamo esperienza nella vita sulla terra implica in qualche modo una separazione, ad iniziare dalla distinzione tra il sé ed il mondo oggettuale. Oltre l'abisso, per chi ha il coraggio di affrontarlo, superando la paura del tormento, c'è la ricompensa fornita dall'annullamento di ogni forma di scissione. E' una realizzazione mistica, liberatrice, ristoratrice, che dona la conoscenza dell'estrema semplicità e profondità della natura del Cosmo.
La trama è estremamente avvincente e, pur nella sua complessità, è strutturata in modo estremamente organico e chiaramente comprensibile dall'inizio alla fine. Situazioni conflittuali, avventurose, drammatiche e laceranti si mescolano con parentesi di amore, passione, devozione e contemplazione estatica. Il tutto inserito in un contesto epico in cui la natura è rispettata come una madre generosa e protettrice. Protagonisti sono i Celti, la loro cultura, la loro religione, le loro usanze, la loro Storia consumata sulle rive del Lago di Garda. Ciò che rende speciale questo racconto, accompagnato da ammalianti descrizioni del paesaggio in cui si collocano le vicende, è la profondità delle emozioni che lo permeano e che coinvolgono il lettore, inducendolo a ripetute riflessioni e ad un lavoro di scavo in quella grande miniera che è la propria interiorità. La postfazione contiene interessanti ragguagli sulla presenza celtica nel territorio gardesano e bresciano, nonché accurate descrizioni dei costumi, dei rituali e dei simboli appartenenti a quel popolo.
La penna di Elisabetta Tagliati ha la capacità di far vibrare le corde dell'anima di chi scorre il suo scritto. Lo stile è ricco ed elaborato, ma al tempo stesso fluido, melodioso e chiaramente comprensibile. L'autrice ha definito questo romanzo con il termine "onirico" ed in effetti, dopo averlo letto, mi sento di affermare che sia l'etichetta "romanzo storico", sia la sua collocazione nel genere "Fantasy" sarebbero troppo riduttive per un'opera letteraria così toccante, vivida ed espressiva. L'auspicio è quello che altre ispirazioni giungano dal profondo per poter dare un seguito a questo racconto.
(Angelarosa Weiler)



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