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Per un'organizzazione che cura
di Letizia Espanoli

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    Casa Editrice: Editrice Dapero - 184 pagine
    Formati disponibili: cartaceo




  • Genere: Saggi

    Trama:
    Ogni organizzazione sociosanitaria è orientata da un modello organizzativo, ovvero da un sistema di valori, credenze e norme che orienta le azioni di tutti i professionisti. E' a questo sistema che l'opera rivolge il suo sguardo, alla ricerca di quella cultura che renda la nostra organizzazione realmente capace di cura. Il punto di partenza è però il suo opposto, che l'autrice definisce la "cultura della trascuratezza". Essa nel tempo conduce al "mostro" da cui tutti vorremmo sentirci immuni: i maltrattamenti. Si parte così dalle definizioni e dagli indicatori di abuso dell'OMS, si scoprono le forme che il maltrattamento può assumere, ampliando poi lo sguardo per indagare gli eventi sentinella e definire le aree di responsabilità. Sotto la guida di domande concrete e brucianti, arriviamo infine a comprendere che "riscrivere le pagine della cura" è possibile e che il modello Sente-mente®, nato per migliorare la relazione con persone speciali, ha molto da dirci anche in fatto di organizzazione processi di cura. Guidato dalle cinquanta tessere del modello e accompagnato dalle testimonianze dei direttori che lo hanno scelto, ogni lettore potrà così far luce sull'Identità di Cura che esiste e verso cui vuole che tenda la propria organizzazione.

    Recensione:
    "Per un'organizzazione che cura - Idee ed azioni secondo il Sente-Mente® modello" di Letizia Espanoli è un saggio di informazione/formante.
    Indirizzato ai responsabili, manager e leader delle strutture per anziani, è utile anche a chi ne è estraneo e ne usufruisce per i propri cari in quanto mette in guardia, evidenziando mancanze, cattivi comportamenti e pericoli che da questi ne derivano; e ne propone i rimedi.
    L'Italia si avvia a diventare un paese dall'età anagrafica sempre più alta. E i vecchi saremo noi fra nemmeno troppo tempo.
    Relegare gli anziani in un limbo di triste orrore significa quindi tagliare le gambe prima di tutto a noi stessi. Ma per ragionare su questo punto, occorre avere il coraggio di spalancare gli occhi sull'orrore.
    Questo libro è ricco di informazioni utili, derivanti da studi ed esperienze sul campo che hanno evidenziato l'esistenza di comportamenti di abbandono e abusi fisici e mentali a cui gli anziani ricoverati nelle RSA rischiano di essere sottoposti.
    La prosa di Letizia Espanoli è chiara e altamente leggibile, rimane concentrata sul suo messaggio in tutto il libro. Non sembra esserci una parola estranea in tutto il lavoro; usa appendici e testimonianze sul campo per fornire informazioni più dettagliate della funzionalità del progetto portato avanti dalla sua organizzazione, ha quello che mi è sembrato un eccellente elenco di risorse.
    La presenza dell'Autrice è potente in tutto il libro: premurosa ma pragmatica, rende comprensibili situazioni e "protocolli radicati" complessi.
    Mi ha colpito la sensazione che trasmette, quella di non essere soli e sottolinea l'importanza di prendersi cura anche degli operatori che devono imparare a "sentirsi", devono sapere che portano nel lavoro anche il loro sapere e le loro esperienze, le loro sofferenze e le loro domande. Per questo appare essenziale l'obiettivo che gli operatori siano in condizioni di curare in primo luogo se stessi affinché si sviluppi un dialogo "alla pari" tra due persone, non in termini di conoscenze, ma di dignità e riconoscimento di informazioni indispensabili possedute da ciascuno, perché la prima sbarra va alzata sin dall'inizio.
    In particolare si richiede abilità ad acquisire informazioni e conoscenze che richiedono di essere organizzate ed esplicitate, nelle parole da dire, negli argomenti da scegliere, nei passaggi da sottolineare sono segnate da due situazioni diverse tra i dialoganti: le conoscenze professionali sono patrimonio riconosciuto di uno dei due, le informazioni "personali" sono di difficile esternazione da parte del possessore.
    Per rendere fruttuoso questo difficile incontro necessitano da parte del "soggetto agevolato" due doti (o "abilità" parlando di possibilità di apprendimento): empatia (intesa come capacità di comprendere, mettersi nei panni dell'altro) e una comunicazione non verbale accogliente, da parte del "soggetto curato" un'apertura all'ascolto e una disponibilità a fidarsi.
    Questa è una guida completa e preziosa per uno stadio della vita che potremmo trovarci ad affrontare, sia per noi stessi che per i nostri cari; offre sì indirizzi agli specialisti del settore, ma anche a chi cerca una casa di cura e vuole avere gli strumenti per monitorare l'assistenza che i pazienti ricevono, come difenderli se i loro bisogni non vengono soddisfatti e cosa fare se si sospetta che la persona anziana amata venga maltrattata.
    Forse la maggior parte di noi, alla fine sarà responsabile del trasferimento di un parente anziano in una Casa di Cura o di diventarne noi stessi un paziente. Si tratta di decisioni sconvolgenti e di enormi cambiamenti nello stile di vita, ma quanto sappiamo tutti noi di come funziona una Casa di Cura?
    Espanoli ci offre la sua esperienza su come formare una task force per lavorare con i responsabili per aggiustare il tiro su sistemi di reclutamento di personale e protocolli che regolano le RSA e far rispettare le normative esistenti e cercare in tutti i modi che "nel posto giusto acceda la persona giusta" perché ciò significa fare un buon servizio a tutti i soggetti: fruitori del servizio, sistema organizzativo, singolo operatore.
    Una attenta e corretta valutazione iniziale non basta, alcuni funzionamenti organizzativi possono generare profondo malessere in chi vi opera.
    Non tutti i casi accertati di maltrattamenti, abusi, violenze vere e proprie nei confronti di anziani che vivono in strutture residenziali sarebbero stati evitati se gli operatori divenuti poi "maltrattanti" non fossero stati assunti.
    Quante volte parlando con un operatore della cura si ha netta la sensazione che la formale correttezza della risposta o dell'informazione siano solo una formula acquisita, che non va oltre l'enunciazione di parole, anche linguisticamente corrette e gentili?
    Attualmente ci troviamo in una situazione di una gravità tale, dal punto di vista sanitario, per cui è doveroso parlare di "burn out" il primo stadio di una malattia professionale, anche se non ufficialmente riconosciuta, che colpisce gli operatori della cura.
    Oggi, nella continua riduzione delle risorse per il socio-sanitario, parlare di burn out sembra un diversivo malevolo a fronte dell'impossibilità di organizzare i turni di servizio nel rispetto degli operatori e degli assistiti, di fornire strumenti e attrezzature idonei, di programmare una formazione non finalizzata solo all'efficienza organizzativa, ma anche al benessere dei "curanti". E' necessario parlare anche delle "sofferenze" dell'operatore, oltre che sollecitare un intervento per lenirle, se non guarirle per aprire una possibilità di dialogo tra chi cura ed è consapevole di quanto il suo corpo, la sua postura, il suo modo di presentarsi parlano di lui e di quanto il suo interlocutore ne riceva messaggi, nel bene e nel male.
    Non è una lettura facile, soprattutto perché indirizzata ad una platea specialistica: manager e operatori sociosanitari; tuttavia è utile per conoscere, capire e intervenire quando si avvertono segnali che qualcosa non va.
    Chiudo riportando una frase di Peppino Impastato che viene citata nel testo:
    "Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre."
    (Luisa Debenedetti)



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