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Genere: Narrativa

Trama:
Come uno sciamano d'Occidente, Ficili esce dal proprio corpo e, grazie alla sua scrittura illuminata, ci racconta la meraviglia e il mistero degli uomini, della natura, delle passioni. "Quando si diventa mare" è un caleidoscopio di versi, prose ed aforismi; un viaggio oltre i confini del reale, nel piccolo intimo delle nostre realtà quotidiane fino al grandioso che si svela nelle emozioni, nelle sensazioni e nelle profonde riflessioni che ci riportano a una dimensione spirituale metafisica ed eterna.

Recensione:
"Quando si diventa mare" di Antonino Ficili è un'opera inclassificabile come genere, non è un saggio, non è un poema, può sembrare una raccolta di aforismi - genere caro a filosofi come Schopenhauer - ma non è nemmeno questo, perché le riflessioni dell'autore, sull'amore, sull'uomo e sulla natura, i suoi legami con l'atto della scrittura e della lettura si collocano su una dimensione metafisica, al di là di ogni spazio e tempo.
Questo libro ha veramente un aspetto misto, è il suo affascinante carattere, tra illuminazione e testimonianza, passione e ragione.
Dietro il velo dell'esperienza, del potere del tempo, dell'ombra, della memoria, della realtà, del silenzio, dell'errore, della scrittura, della speranza, della solitudine e del significato, troviamo un libro che attende noi per proiettarci nella dimensione dell'assoluto. Esso è una bilancia su cui viene pesata la vita di ogni uomo fatta di timore, turbamento, di istanti lieti felici e belli, di vecchiaia, di amore e di morte, e ad ogni momento il lettore associa il vento profumato di un credo: "sollevare Dio, con la forza di una parola;/ e ritornare, e diventare./ Infine, essere."
C'è in Antonino, mi permetto di chiamarlo per nome vista la sua giovane età, qualcosa di profondamente esistenziale, il tormento squisitamente poetico, e per questo inesauribile, del mistero dell'essere che crea se stesso e della sua condivisione, un mistero che fonda la propria legittimità solo sulla continua ricerca del suo disvelamento.
Nonostante sia un autore giovanissimo, ed in alcuni momenti emerge un po' di acerbità, Antonino dimostra la forza della sua parola ma anche filosofia e, mi sbilancio, una sua psicologia. Perché? Quando penso ai suoi testi mi viene quasi spontaneo pensarli come parti di uno studio psicologico, uno scandaglio vivo, curioso e mutevole sull'animo e sulla psiche umani, particelle di psiche che affiorano e rivelano, da angoli inaspettati, le pulsioni, le reazioni e le attese umane.
Nell'opera di Antonino vi è un'assenza del divino che però presenzia in modo arcaico, quasi totemico, attraverso la sua emanazione più visibile: la natura. L'uomo è guidato da una forza, interiore ed astrale, capace di squarci di cielo azzurro (a dispetto dei nuvoloni che si addensano sulla testa dell'Autore), nel suo incedere tra alberi, prati, fiori, corsi d'acqua, mare; questi sono elementi molto presenti nella scrittura, mai come sfondo o scenografia ma come elementi vivi: la voce della natura si fa forte, si fa richiamo, monito e spiegazione fra le pagine. Le parole hanno la verità del vento, la verità dell'aria, la solidità dell'acqua perché sorrette da un sentire di sentimenti forte, vero, vissuto. Non immaginato ma vissuto, l'uomo esce di prepotenza dallo scrivere, diventa tangibile - tridimensionale - ed è la verità del sentimento a donare a un foglio di carta le dimensioni che gli mancano.
Vi è poi, nello scrivere di Antonino una ricerca di qualcosa che si è perduto, che potrebbe non ritornare più. Ed ecco quindi i bimbi, portatori dell'innocenza che non torna, ma che è ancora racchiusa dentro di noi; ecco i bambini riportare alla luce antiche domande che si credevano sepolte, antichi ricordi, arcaiche paure che si pensava di aver sconfitto. Ma basta un piccolo slittamento per farle tornare vive e, forse, per farsi risolvere. Accanto alla ricerca di qualcosa che sfugge, a volte sembra essere la scrittura stessa che l'Autore teme di non raggiungere. Forse un ideale più alto, dimostrazione di una costante ricerca, e di una continua attenzione al mondo circostante per trovare qualcosa o ritrovare qualcosa che è sfuggito, e con la ricerca giunge anche la domanda: ma cosa cerco cercando? cosa troverò? Veramente voglio trovare quel che cerco? Domande che simboleggiano una paura atavica e vibrano in quest'opera, perché, nella brevità delle composizioni non si dissimulano, o perché Antonino vuole che la paura sia un asse portante del suo libro. Sottolineo che non giudico la paura come una debolezza, assolutamente no, è una forza: è umiltà, e mi ripeto, è la ricerca, è il volerla capire per sconfiggerla. La paura si guarda, se si è uomini, la si nasconde se non lo si è, e l'autore la guarda, la scruta ce la fa vedere perché vi combatte una lotta avendola conosciuta in mezzo alle parole. E l'idea, attorno alla quale ruota il pensiero che prende forma nelle sue massime, ha come protagonisti proprio quei termini impossibili da dominare e arginare: solitudine, sogni, dolore, storia, tempo, morte, ma c'è anche ironia, stravaganza, esagerazione, estremismo.
Il testo è permeato di un pessimismo purissimo dove si presenta l'atto finale di quel sentimento umano di speranza sulla via del tramonto, dove emerge un dolore autentico comune a tutta l'umanità, e si può considerare una vera e propria forma d'arte che con abilità e fermezza conduce il lettore in lontane vette inesplorate e gli offre l'altra faccia oscura e abissale del significato delle cose.
In queste pagine si intravede l'influenza di un Nietzsche, di uno Schopenhauer e di un Leopardi, pagine edificate sulle macerie di luoghi inviolabili, dove quello che accade si imprime nella mente, alla stregua di un lontano ricordo.
Questa lettura è una salutare boccata d'ossigeno in un contesto sociale dove l'azione di riflettere è sempre più difficile da compiere. Un percorso sul filo del baratro, in cui il lettore non cade perché sorretto da centinaia di fili invisibili.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
"Ero un bambino e avevo un sogno, tanto tempo fa. Adesso sono un sogno e voglio ritornare bambino";

"Parlare con te stesso è un privilegio, se non sei un idiota con cui parlare";

"La notte ha il colore del buio e l'odore della luce";

"(...) Il suo cuore, mi attende, ti attende: fiume bambino che scampa al crimine del mondo,(...)";

"Adesso che mi guardo bene sono un'ombra snodata. Mi aggrappo sui muri e scampo a una società di ragnatele che vuole comprare la mia pace";

"Mangio la primavera anche in autunno.
Se ne trova un po' nei vicoli,
nelle tasche dei bambini,
negli occhi di mio nonno."



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