Casa Editrice: Gruppo Abele - 240 pagine
Disponibile in formato cartaceo e ebook
Genere: Saggi
Trama:
Lo spettro del razzismo, dell'intolleranza, della discriminazione aleggia sul mondo del calcio. Negli stadi risuonano cori contro i neri, sugli spalti si srotolano striscioni contro gli ebrei, dirigenti sportivi rilasciano dichiarazioni offensive contro i calciatori gay. Anche tra i giocatori si annidano talora pregiudizi contro i compagni di squadra. Ma c'è chi reagisce: campioni che si dimostrano tali anche fuori dagli stadi, associazioni, semplici tifosi che amano il "gioco più bello del mondo" e i suoi protagonisti di ogni colore. Gli stadi, del resto, sono uno specchio della società: nel bene e nel male. Lo scrive, con una sintesi efficacissima, Lilian Thuram, difensore di Parma, Juventus, Barcellona e della Nazionale francese, uno dei più grandi di tutti i tempi: "Io sono diventato nero a nove anni, quando sono arrivato in Francia e ho incontrato i bianchi. Si diventa neri con gli sguardi degli altri". Di quegli sguardi, di quelle voci e di chi non ci sta parla questo libro di Lamberto Gherpelli, ripercorrendo il mondo del pallone dalle origini (quando era uno sport per soli inglesi bianchi) fino agli incombenti mondiali di Russia.
Recensione:
"Che razza di calcio" di Lamberto Gherpelli è quello che io definirei un documentario scritto, un docu-libro, un'analisi che si sviluppa in un arco di tempo abbastanza lungo e si allarga via via a diversi tipi di dati e tradizioni di studio, tutti utili, anzi necessari, per cercare di capire il fenomeno del razzismo nel mondo del calcio attraverso le sue molte facce. L'autore ci mette di fronte a domande del tipo: come si devono interpretare le diverse manifestazioni di razzismo che da anni si verificano? E ancora: le politiche sportive e governative sono efficaci a contrastare il razzismo e la violenza nel calcio? Qual è il ruolo dei media?
Il calcio è lo sport più popolare e praticato al mondo, ne è lo specchio: storie di razzismo e violenza, società, politica e media.
Il punto di partenza è l'entrata lenta e dolorosa di neri e mulatti nel calcio brasiliano, grazie alla quale il calcio iniziò a essere pensato come un fenomeno sociale oltre che parte integrante della cultura, per poi passare ad altre realtà nazionali.
Da questa indagine emerge che il razzismo nel calcio si manifesta in varie forme.
La più frequente è l'aggressione contro giocatori di colore della squadra avversaria, lanciata durante la partita soprattutto dalle curve da gruppi di tifosi ultrà con striscioni e cori. Meno frequenti sono le manifestazioni di ostilità espresse, sempre durante la partita, da tifosi contro giocatori di colore della propria squadra. Collegati a quest'ultimo atteggiamento sono i casi di cosiddetto "razzismo preventivo", quando una tifoseria protesta contro la società per tentare di impedire l'acquisto di un giocatore di colore.
"Non esistono negri italiani": è solo il più noto degli slogan cha hanno accompagnato Mario Balotelli, calciatore di origine ghanese, uno dei casi più emblematici per spiegare il razzismo, anche istituzionale, nel mondo del calcio italiano che annovera centinaia di episodi di discriminazione documentati da sentenze di giudici sportivi e da dichiarazioni di calciatori, allenatori, dirigenti e politici rilasciate alla stampa. Ne emerge un quadro disarmante: multe di poche migliaia di euro alle società e una raccolta di dichiarazioni tese a minimizzare gli insulti delle tifoserie. C'è voluta la figuraccia degli ultimi mondiali perché l'Italia arrivasse a rompere l'ultimo tabù: un nero italiano in Nazionale.
Il calcio italiano sarà sempre più multietnico e multirazziale.
E' bene farsene una ragione e prevedere strumenti più idonei per accompagnare e facilitare questa trasformazione, limitando un fenomeno preoccupante, a cui si legano anche rigurgiti di antisemitismo, senza dimenticare che il nostro razzismo inizialmente era rivolto solo ai meridionali, e ora si arricchisce anche di rigurgiti di antisemitismo, dopo l'apertura delle frontiere con l'affluenza di stranieri da ogni paese del mondo nei nostri campionati che hanno reso i club più multietnici. In questo contesto si sono moltiplicati i casi di gruppi di tifosi, spesso supportati o per indifferenza o per connivenza dalle società, che hanno iniziato ad insultare i giocatori extracomunitari per il loro colore della pelle, permettendosi anche di utilizzare stereotipi che richiamano le ideologie fasciste e naziste.
Le situazioni riportate costringono a constatare come il calcio italiano abbia ancora tanta strada da fare sul piano dell'integrazione e del rifiuto di certe pratiche razziste. Gli episodi riportati riguardano un po' tutti i maggiori club della massima serie, ma certamente fanno riflettere anche le storie di ordinaria intolleranza di certe realtà provinciali come Treviso, Padova, Ascoli e Verona. Nella realtà italiana il tema della multietnicità nello sport è entrato nel dibattito solo in questi ultimi anni, a differenza di nazioni come la Francia, l'Inghilterra e la Germania dove invece da tempo le rispettive nazionali riescono a rappresentare il cambiamento e l'integrazione in corso nella società.
Le testimonianze dei protagonisti arricchiscono di una nota empatica lo stile documentaristico un po' freddo del testo che ritengo sarebbe stato interessante corredare con foto.
Una lettura interessante, per chi vuole conoscere quello che nasconde la superficie dorata del mondo del calcio.
Per questo concludo con una frase di Samuel Eto'o:
"Corro come un nero per guadagnare come un bianco."
(Luisa Debenedetti)
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE
Il libro consigliato
Il libro consigliato
Iscriviti alla Newsletter...
...per ricevere ogni settimana le ultime novità dal nostro sito.