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Uno scià alla corte d'Europa
di Kader Abdolah

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    Casa Editrice: Iperborea - 506 pagine
    Disponibile in formato cartaceo e ebook




  • Genere: Narrativa straniera

    Trama:
    Orientalista all'Università di Amsterdam, Seyed Jamal ritrova il diario di viaggio di uno scià che a fine '800 lascia la Persia e con un infinito stuolo di principi, funzionari e mogli dell'harem intraprende il suo Grand Tour alla scoperta dell'Europa. Armato di curiosità e ironia, Seyed si unisce alla carovana del re e come una moderna Sherazade, fondendo realtà storica e fiaba orientale, narra le mille e un'avventura di questo viaggiatore d'eccezione, despota crudele e ingenuo, colto e infantile, facile preda del Grande Gioco europeo per il controllo del Medioriente, sovrano di un regno millenario e retrogrado a confronto con il progresso vorticoso che cambierà il mondo e plasmerà il nostro presente. Accolto come un vecchio amico dagli zar e dalla regina Vittoria, con cui condivide la via del tramonto in un decadente rituale di corte, lo scià attraversa la Germania di Bismarck e la Francia repubblicana, incontra Tolstoj, il padre di Stalin, Debussy e Monet, testa l'aspirina della Bayer e sperimenta le scoperte di Siemens e di Pasteur, capisce la portata rivoluzionaria della catena di montaggio e delle industrie inglesi, e assiste impotente alla ribellione di Banu, sua moglie prediletta, che ha letto, pensato e sognato troppo per non cercare in questo viaggio una fuga verso la libertà. Ma lo smarrimento dello scià di fronte al formarsi dell'Europa moderna si riflette in quello di Seyed per la crisi dell'Europa attuale, dove la storia, con la stessa inesorabilità, lungo lo stesso tragitto seguito dal re persiano, conduce ondate di profughi intrecciando sempre più i destini di Oriente e Occidente, e dove uno scrittore rifugiato come Kader Abdolah, che con la "magia dell'immigrazione" si è ricostruito un'identità, cerca nella letteratura nuovi territori di incontro.

    Recensione:
    Un antico detto persiano recita: "Mettiti in viaggio e sarà la strada a indicarti come proseguire."
    "Uno Scià alla corte dell'Europa", dell'autore iraniano-olandese Kader Abdollah, racconta di un ricercatore e docente di studi orientali all'Università di Amsterdam, Sjeed Djamal che, dopo la scoperta di un vecchio diario di viaggio attraverso l'Europa del XIX secolo stilato da uno scià persiano, decide di convertirlo in un rapporto storico integrandolo anche con il memoriale di Banu, la moglie preferita intrufolatasi nella carovana, una donna dall'indole libera che sceglie per se stessa e rivendica il diritto di farlo a suo rischio e pericolo.
    Djamal si impegna in molte ricerche e visite alla fonte ed, essendo lui stesso un rifugiato dalla Persia, ha accesso a archivi e ritagli di giornale per sostenere e fondare la storia grazie alla fratellanza di rifugiati che si sono stabiliti in tutto il mondo.
    Ad aiutarlo c'è anche Iris, una sua studentessa, insieme cercano di ricostruire il viaggio dello Scià con la sua enorme carovana. Il libro è strutturato in "hekajats", parola che in persiano significa qualcosa come "storia istruttiva trasmessa oralmente", praticamente "favole dalla cultura narrativa orientale". Gli hekajat riguardano le esperienze dello Scià durante il suo viaggio attraverso l'Europa.
    Inoltre, questo libro contiene una serie di capitoli in cui lo scrittore prende spunto dagli appunti del diario per parlare dell'Europa contemporanea e di vicende in cui viene coinvolto personalmente.
    Abdolah gioca con la verità in modo ingegnoso, infatti avverte il lettore, già dalla prima pagina, attraverso le parole di Sjeed Djamal: "non riesco più a distinguere il vero dal falso". Lascia che il narratore indaghi sulle storie dello Scià e dei suoi compagni di viaggio, con Djamal che di tanto in tanto dubita apertamente della veridicità del testo originale. Allo stesso tempo, lascia al narratore molto spazio per l'immaginazione: questo è un invito al lettore ad essere curioso.
    Per coloro che vogliono guardare oltre, il libro è molto più di una raccolta di storie anche se lo stile ricorda "Le mille e una notte" o la raccolta di fiabe russe "Il Tappeto volante".
    Ovviamente, la figura principale è lo Scià che, per indole e cultura, si sente spesso superiore alla persona che gli sta di fronte ma che, essendo curioso, apprende man mano che ascoltandola può arricchirsi, imparare qualcosa. Così impara a vedere "l'uomo" nell'altro. Vede la nostalgia di casa negli occhi della principessa Dagmar (Maria Fjodorovna, madre dell'ultimo zar russo), riconosce il dolore del re del Belgio e della regina Vittoria, i limiti del leggendario statista Bismarck e conclude che è un sollievo accettare che tu non sei quello che volevi essere, ma che puoi enfatizzare chi sei: un re curioso che è venuto a trovare altri sovrani.
    Questi lontani principi sono resi umani e credibili, ci ricordano tutti i nostri talenti e i nostri difetti ed è un altro fattore che distingue questo lavoro da molti altri romanzi. Il messaggio arriva forte e chiaro.
    Il viaggio si ferma a Parigi perché ormai lo Scià attraverso gli incontri con diverse personalità del tempo, dallo Zar a Bismarck, dalla regina Vittoria a Monet e Cézanne, ha trovato ciò che inconsapevolmente stava cercando: l'Altro.
    A volte si sentiva subito a casa con l'altro, più spesso doveva sfidare e superarne la paura.
    Ritengo che questo sia un ulteriore insegnamento trasmesso al lettore.
    Lo Scià ha incontrato un mondo in fase di cambiamento, in cui l'Europa ha lavorato duramente sull'industrializzazione e sono state fatte invenzioni che avrebbero aiutato le persone a progredire, ma probabilmente anche a danneggiarle. Fin dall'unificazione della Germania, le relazioni internazionali erano cambiate, tutti i paesi erano delusi dal nazionalismo e si preparavano a una possibile guerra. Nelle società si alimentavano gruppi che anelavano al cambiamento e pur di giungere allo scopo non esitavano a far uso della violenza.
    A poco a poco lo Scià si rende conto che le modernizzazioni non possono essere fermate e sa che i cambiamenti dovranno aver luogo anche nel suo paese. Il suo modo di governare, attraverso una leadership autoritaria, aggravata da una buona dose di terrore, non è più sufficiente e si rende conto, non essendo stupido e indifferente a questa nuova aria, che anche il suo futuro potrebbe essere fermato da un proiettile: il tempo dei vecchi re è finito. Quindi anche il suo tempo, sente che sono in arrivo importanti mutamenti che rovesceranno i leader autoritari vecchio stile.
    Anche Sjeed Djamal si farà un'idea di se stesso. Scoprirà che usa sempre più lo Scià e Banu per raccontare la propria storia. Djamal fa delle considerazioni sulle sue esperienze come rifugiato e migrante. Vede i paralleli tra il suo stesso volo e i viaggi delle migliaia di profughi siriani che attraversano il mare su gommoni precari, rischiando la vita per fuggire da un inferno nella speranza di avere un futuro.
    Decidendo di intrecciare la loro storia con la storia del viaggio dello Scià, si intravede un parallelo con la realtà, l'Europa di oggi alle prese con l'enorme flusso di rifugiati, politici populisti che schierano popolazioni l'una contro l'altra, con media che forniscono alla popolazione notizie false.
    Abdolah a volte tratta in modo sottinteso gli eventi nell'Europa contemporanea, a volte in modo molto esplicito. Ad esempio, racconta ampiamente tramite Djamal delle relazioni tra Ucraina, Crimea e Putin e le conseguenze per la politica mondiale, l'attentato a Charlie Hebdo e il comportamento della polizia belga.
    In altri momenti è molto arguto, come quando lascia che lo Scià guardi verso il cielo con il cannocchiale: non c'era ovviamente nessun aereo da vedere, la storia non aveva ancora raggiunto il punto in cui l'uomo aveva deciso di costruire aeroplani, ma aggiunge: "Quegli aerei che un giorno sarebbero stati mitragliati sia dai russi che dagli ucraini" (pag. 144).
    E' un libro interessante, soprattutto perché non viene espresso alcun giudizio, né presa alcuna posizione, è solo una relazione oggettiva, accompagnata da un silenzio suggestivo che invita il lettore a pensare da solo. Questo è esattamente il valore aggiunto del libro che può essere visto come un ricco libro sull'Europa di oggi.
    Kader Abdollah ha scritto una raccolta di "narrazioni" in cui c'è qualcosa da sperimentare o imparare da ognuna: una sorta di metafora della vita.
    Ottimo lavoro, si legge con piacere e contemporaneamente fa riflettere.
    (Luisa Debenedetti)



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