Casa Editrice: Macchione Editore - 64 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Poesia
Trama:
Con questa seconda raccolta poetica, Enrico Messori prosegue nel suo intento di tratteggiare creativamente il proprio "lessico famigliare". E, se nel primo tempo il Tema era la Madre, qui il canto è rivolto al Padre, innanzitutto; ma, inevitabilmente, anche agli altri "parenti" (e, soprattutto, alla Moglie). La cifra dello stile è la (sua) poetica ormai assestata. Lo spiega l'Autore stesso, lasciando tuttavia al Lettore il diritto-dovere di tirare le conseguenze. Ecco quindi i componimenti d'amore e di pena, disdegno e di cortesia, nei quali le passioni sono indirizzate a persone e a oggetti che possano reggere l'urto (tendenzialmente) distruttivo. La "Retorica", convocata qua e là sapientemente dalla Cultura del Poeta, attenua la portata esplicita dei sentimenti per poter sublimare i rapporti. E, tuttavia, oltre le citazioni postmoderne programmaticamente delusive, affiora la spinta intenzionale dell'Autore verso i dettagli delle persone e degli oggetti che, soltanto, possono aiutare l'Arte a parlare della Realtà. E, anche quando la versificazione paga un eccessivo tributo al linguaggio della (nostra, pur umanissima) quotidianità, la poesia di Messori insegue la resa icastica del mondo dell'Anima e della Natura. Sicché, scorrendo i componimenti della raccolta, si capisce che Messori si copre col manto di Elia(s) perché la sua Poesia possa parlare e essere intesa senza che si perda la Voce (il Soffio, lo Pneuma, lo Spirito, il senso del Suono e il suono del Senso) del Mondo.
(Prefazione di Rino Caputo, storico e critico della letteratura)
Recensione: "Sotto il manto di Elias" è l'ultima silloge di Enrico Messori.
Non è mai facile scrivere una recensione di una raccolta di poesie. Occorre leggere, rileggere e leggere ancora per provare quantomeno a entrare nel pensiero dell'Autore, trovare la strada, lasciarsi prendere per mano e percorrerla fiduciosi fino alla fine.
La poesia di Messori non è certamente di facile interpretazione, è una poesia colta, dal lessico erudito, che ricerca l'essenzialità, volutamente oscura e chiusa che, in alcuni casi, rimanda al movimento ermetico, a Montale, tratta di momenti di vita, ricordi che si fanno riflessioni sul senso dell'esistenza, sugli affetti, sulla società, sulla vita.
La scrittura poetica di Messori, in questo florilegio, come nel precedente "Contrappunti dell'anima", si snoda in trame lirico-semantiche, che sgorgano e poggiano su riflessioni contingenti e inevitabili, si estende in modelli semantici tramandati da origini molto remote, e si sostanzia in vocaboli fondanti, inseriti in sintagmi architettati sapientemente e disposti in modo ineccepibile.
Il Poeta Autore si accosta alla realtà, si nutre della realtà, offre la realtà, ma non la racconta in modo descrittivo, perché vi pone il calore della familiarità tanto nel vedere, quanto nel sentire.
Se volessimo racchiudere in un canone la poesia di Messori, perderemmo in partenza: se dal punto di vista stilistico, è chiaro il riferimento ai lirici greci e all'Ermetismo, il suo stile è anticonvenzionale, il ritmo a cui il lettore deve adeguarsi è incalzante, reso tale dall'uso della metrica mista e da un registro linguistico che si adatta al ritmo e si trasforma in suono.
Le immagini appaiono all'improvviso e spiazzano, per diversità e natura, ma dopo il disorientamento iniziale tutto sembra avere un suo preciso posto come se, l'Autore, al di là dell'apparenza fin troppo ostentata, cercasse disperatamente un rapporto di armonia con il mondo che lo circonda.
Interessanti anche i titoli evocativi che l'autore dà alle sue raccolte e che predispongono al particolare stato d'animo con il quale dobbiamo avvicinarci a queste letture.
Una raccolta speciale da leggere e rileggere per coglierne il più profondo significato.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
"Penso ai nostri colori
e ti vorrei qui,
davanti alla mia
scrivania
lunaria.
Per sentire,
finalmente,
la tenue allegria
delle tue frasi leggère."
(Da "Mancanza")
"Mi accompagnavi
per retti sentieri
con i passi leggeri
degli olî di Courbet.
Sicché,
in quella luce di fuori,
uniti
(la mia mano nella tua)
i nostri cuori,
mi pareva
d'essere figlio
d'un uomo dei boschi, [...]"
(Da "Con papà")
"[...] Solo un dio o un selvaggio sanno accenderle,
a me fa difetto la sintassi
e la giusta misura di parola;
posso solo guardare, con te,
il male del mondo,
e, con te, scandire le sillabe, nell'ultramisura del dono.
(Da "Il Viola della sera")