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Biografia:
Nato in Emilia ma d'origine romagnola, ha alle spalle studi classici e nel cuore una grande passione per Piero Chiara e il cinema italiano degli anni Settanta. Nel 2009 ha esordito nella narrativa con il romanzo E verrà la morte seconda, a cui è seguita la trilogia Il primo inganno, Non si ingannano i morti e Ingannando si impara. Nel 2013 ha vinto il premio Giallo Stresa. La Newton Compton ha pubblicato Il giallo di via San Giorgio, dove per la prima volta è comparso il personaggio di Astore Rossi, Il giallo della villa abbandonata e Segreti che uccidono.

Intervista:
Tatiana: Ciao Riccardo! Prima di tutto come stai? E grazie per aver trovato il tempo di stare un po' in nostra compagnia.
Per rompere il ghiaccio cominciamo con un domanda facile facile: immaginiamo di essere a cena insieme da qualche parte, (diciamolo che andare fuori con un autore del quale abbiamo apprezzato le opere è il sogno di tanti, il mio di sicuro). Dove siamo e quale è il tuo menù ideale?
Riccardo:Ciao, ragazze, è un piacere essere qui con voi, quantomeno idealmente. E questo mi fa star bene. Comincio a rispondere alle vostre domande cercando di essere il più sincero possibile. A proposito della prima... Vi propongo di uscire a cena e voi scoprite troppo tardi che adoro i posti malinconici, quelli inesorabilmente datati, con vecchi tavoli coperti da tovaglie a quadrettini e dipinti orrendi alle pareti, locali poco illuminati, magari con il camino acceso in un angolo e il bancone da bar in legno dall’altra parte. E in posti del genere si ordinano cappelletti in brodo, spezzatino con patate, piatti di salumi fatti dal contadino, con contorno di cipolline in agrodolce e accompagnati dal vino della casa servito in tozzi bicchieri, proprio come una volta. Mi piacciono le osterie, le vecchie locande, quei residui di un passato ormai lontano, ma che era più vero, più genuino. Ne conosco diversi di posti del genere e inevitabilmente sceglierei uno tra loro. Se saprete superare l’impatto iniziale, vi offrirò la cena e non resterete affatto deluse. Parola mia.

Barbara: Se dovessi essere tu a intervistare qualcuno, a chi porresti le tue domande tra gli scrittori del passato? E quale domande faresti?
Riccardo: Se potessi tornare indietro nel tempo credo che prenderei la nave e andrei negli Stati Uniti a intervistare Edgar Allan Poe. Vorrei cercare di capire quale dolore infinito gli divorasse l’anima per portarlo a cercare ogni risposta nell'alcol – e non solo – e se è stato quello stesso dolore che l'ha spinto a scrivere quei racconti che hanno cambiato per sempre la letteratura moderna. Vorrei condividere con lui un pensiero che ci accumuna: non è detto che la sofferenza renda più forti, ma di certo stimola l'ingegno e la fantasia perché cerchi di immaginare di vivere altre storie, attraverso altri personaggi. La disperazione talvolta illumina, prima di bruciarti dentro. E non potrei non avvisarlo di evitare il viaggio a Baltimora nel 1849, anche se so bene che il destino di un uomo non lo si può cambiare.

Tatiana: Chi è Riccardo Landini? Raccontaci un po' di te descrivendoti con tre pregi e tre difetti.
Riccardo: Domanda da cento pistole d'oro, eh? D'accordo! Allora accomunerei i tre pregi e i tre difetti dato che, in fondo, sono facce della stessa medaglia. Quindi: a) la grande forza di immaginazione che come sua controparte ha la scarsa concretezza, se non addirittura l'ingenuità; b) lo spirito di adattamento che come controparte ha la necessità di dover cambiare spesso, di rivoluzionare la mia vita e le mie abitudini; c) la determinazione, la volontà di ottenere ciò che mi prefiggo che come suo contrappasso ha la totale abulia quando si tratta di fare qualcosa che non mi va di fare e che quindi tendo a rimandare sine die.

Tatiana: Nel 2019 per Newton Compton è uscito il tuo primo giallo con protagonista Astore Rossi, "Il giallo di via San Giorgio", ma tu scrivevi già nel 2009 e nel 2013 hai vinto il premio Giallo Stresa. E' mutato qualcosa in te dal periodo prima di Newton a ora?
Riccardo: Sicuramente quando ho scritto "E verrà la morte seconda", trasformando in romanzo quella che, in realtà, era la sceneggiatura per un film, ci credevo già molto, anche se non immaginavo come sarebbe andata in seguito. Ho passato almeno un anno ad affrontare presentazioni in ogni dove, dagli hotel in riviera, ai circoli, dai baretti alle librerie che accettavano uno sconosciuto scrittore. Non mi sono mai posto il problema se valesse la pena o meno. Andavo e basta, facendo centinaia di chilometri su e giù per l'Italia senza risparmiarmi. Ho fatto tanta gavetta e non me ne pento, credo mi sia servita parecchio. Ogni minimo successo me lo sono guadagnato con tanta fatica, ma con la consapevolezza che, come dicono i culturisti, no pain no gain. Non che adesso sia meno difficoltoso raggiungere ulteriori traguardi anche modesti, però ho la convinzione che tutto sia utile a crescere. Lavorare con case editrici piccole è molto diverso che con un gigante come Newton Compton, nel bene e nel male. Però ringrazio di avere avuto quest'opportunità che mi sta dando parecchie soddisfazioni.

Tatiana: Astore è, fino a qui, protagonista di tre romanzi: "Il giallo di via San Giorgio", "Il giallo della villa abbandonata" e "Segreti che uccidono". Com'è nato questo personaggio così tormentato, solitario, con un mestiere "antico"?
Riccardo: Chi mi conosce sa della mia convinzione che siano i personaggi a venirmi a cercare per raccontarmi le loro storie, proprio come succede nella famosa opera di Pirandello. Quindi mi reputo il biografo ufficiale di Astore, di Brenno Sandrelli e di tutti gli altri protagonisti delle mie storie. Posso aggiungere, a riprova di quanto sostengo, che talora mi è capitato di scrivere qualche scena che avevo in mente per poi accorgermi, alla fine, che era saltata fuori diversamente da come l'avevo immaginata. E questo non posso non imputarlo ai miei personaggi che si sono voluti imporre davanti a una sgradita distorsione del loro racconto. Per quanto riguarda Astore in particolare vi dirò che l'ho incontrato parecchi anni fa, un giorno che stavo tornando in ufficio dopo un impegno con un cliente. Ero a piedi e per fare prima a rientrare avevo deciso di attraversare un dedalo di stradine del centro storico. Mi sono ritrovato così in una di queste davanti alla vetrina di un restauratore. La via era silenziosa, costellata di serrande chiuse e di vecchi manifesti strappati sui muri degli edifici. E dietro il vetro si apriva la piccola bottega dove un anziano stava lavorando chino su di una cornice di legno dorato. Dopo averlo osservato per qualche istante, stupito che in quella zona ci fosse ancora un artigiano in attività, ripresi il cammino senza pensarci più. Il giorno successivo, al mio risveglio, avevo in mente tutto "Il giallo di via San Giorgio" dalla prima all'ultima parola. Evidentemente Astore aveva colto l'occasione per venirmi a trovare durante il sonno per raccontarmi la sua storia personale. E io, ovviamente, ne ho approfittato.

Tatiana: A noi lettori capita di interrogarci su quanto ci sia dell'autore in uno o in più personaggi. Tu chi sei, o in quale particolare dei tuoi attori ti riconosci?
Riccardo: Sostenere che nei propri personaggi non ci sia nulla di noi stessi sarebbe poco realistico, ma d'altronde ognuno di loro ha una vita propria, con peculiarità e caratteri diversi. Dovendo cercare una caratteristica che accomuna me ad alcuni dei miei protagonisti potrei dire che è il piacere per la lettura e il totale disinteresse verso la televisione. Con Brenno Sandrelli e con il commissario Presti condivido anche la passione per i Genesis e per il progressive inglese in generale; con Astore una certa ingenuità sentimentale che lo porta a immaginarsi amori e affetti che non esistono o che, quantomeno, ha erroneamente sovrastimato. Probabilmente ci saranno anche altri particolari in comune, ma si tratta di caratteristiche che si potrebbero individuare in chiunque. In fondo il bello dei miei personaggi è che sono persone come tante alle quali accade di trovarsi in situazioni che, al contrario, non capitano a tutti. E aggiungerei per fortuna...

Tatiana: Di solito quando scrivi? Hai dei rituali particolari per favorire la creatività? Hai una tabella di marcia, ti imponi di scrivere un certo numero di pagine al giorno o lasci all'ispirazione?
Riccardo: Io scrivo tutti i giorni, dalle otto e mezza alle diciotto, sempre che non mi capitino altri impegni ovviamente. Comunque il periodo della giornata è quello. Non amo scrivere di notte in quanto voglio essere perfettamente lucido e riposato. Tengo sempre in sottofondo della musica, a seconda di quello che devo scrivere. Soprattutto elettronica, tipo Tangerine Dream, Jarre o Schiller, o magari i Goblin con i loro primi dischi. Se poi mi trovo di fronte a qualche pagina complicata da buttar giù ricorro a Debussy oppure al Requiem di Mozart, quest'ultimo efficacissimo per mettere in moto le mie cellule cerebrali. Non mi impongo un numero minimo di pagine, ma talora mi obbligo a scrivere anche poche righe quando non ne ho proprio la forza. L'importante è non fermarsi, visto che le idee sono tante. Attualmente sto scrivendo due romanzi in contemporanea, proprio perché quando sono stanco di uno proseguo con l'altro. Un ottimo modo per non annoiarsi.

Tatiana: Nella stesura di un giallo bisogna porre particolare attenzione ai dettagli, agli indizi che ci siano, individuabili, ma non troppo. Come prepari la tua personale "mappa del mistero"? Appunti? Lavagna con rimandi? Naturale chiarezza mentale?
Riccardo: Scrivere un giallo significa costruire un meccanismo a orologeria dove tutto deve funzionare alla perfezione. Ogni particolare deve essere al suo posto con precisione millimetrica se si vuole che la trama funzioni. Di solito quando inizio a stendere un romanzo ho già tutto in testa e quindi si tratta soltanto di battere i tasti del computer seguendo quanto ho in mente. Tuttavia, soprattutto per alcuni romanzi più complessi, ho preso la buona abitudine di scrivere su di un taccuino i nomi dei personaggi per non sbagliarmi. Naturalmente, effettuando almeno una dozzina di revisioni di ciascun testo, gli eventuali errori vengono poi scovati e eliminati, ma ho comunque adottato questo sistema che mi aiuta durante la stesura. In un caso – un romanzo che è ancora inedito – ho anche disegnato la location, un villaggio abbandonato, in modo da orientarmi meglio. Resta il fatto che la chiarezza mentale è la miglior amica dello scrittore.

Tatiana: Cosa ti ha portato a scegliere di creare storie gialle?
Riccardo: Perché scrivere gialli? Innanzitutto perché ho sempre amato il genere, sin da ragazzino. Ho cominciato a nove anni con Poe, passando in seguito a Conan Doyle, a Van Dine e alla Christie. Inoltre sono appassionato di cinema italiano anni Settanta e in quella stagione, purtroppo irripetibile, il thriller andava alla grande sullo schermo. Io non me ne perdevo uno, persino quelli mediocri, per cui il genere mi si è appiccicato addosso... Credo altresì che il giallo, nelle sue molte sfaccettature, sia un buon veicolo per raccontare anche altri tipi di storie che mi premono, ma che soltanto rivestendole di quel "colore" possono attrarre i lettori. Forse nessuno sarebbe interessato alla triste storia di un restauratore di provincia che non vuole avere contatti col mondo in seguito ai tradimenti subiti ad opera dei suoi affetti più cari quando era ancora un ragazzo. Ma se quello stesso personaggio si trova coinvolto nella torbida vicenda di una famiglia decaduta che vanta due psicopatiche assassine tra le proprie fila, il cui segreto è legato a una vecchia chiave che dovrebbe aprire una porta che non si trova... Bé, ecco allora che l'interesse si desta e il protagonista può raccontare il suo passato ed esporre le sue riflessioni sulla vita che, altrimenti, sarebbero rimaste in un cassetto.

Barbara: Tra i libri letti di recente, quale consiglieresti ai lettori?
Riccardo: Dall'inizio dell'anno ho letto una ventina di libri, un po' di tutti i generi. Nelle ultime settimane ho riletto alcuni romanzi di Simenon perché arrivo alla sera piuttosto stanco e quindi necessito di letture fluide, scorrevoli, appaganti. Se tuttavia dovessi segnalare qualche titolo, lo farei con due romanzi che ho divorato tra marzo e aprile: il primo è "Dopo lunga e penosa malattia", un giallo di Andrea Vitali, scritto con la solita leggerezza, intrigante, con le sue ambientazioni sul lago e i suoi personaggi inconfondibili. Il secondo invece è di Fredric Brown, autore americano solitamente ricordato per i suoi lavori di fantascienza, ma che in "Grido mortale" si cimenta col noir e che noir! Un cold case che capita tra capo e collo a un agente immobiliare in crisi e lo coinvolge più di quanto dovrebbe fino a trascinarlo in un incubo. Ben scritto, ritmo serrato e finale davvero elettrizzante.

Tatiana: Hai qualche suggerimento da dare a chi voglia provare a scrivere un libro?
Riccardo: Cosa consiglierei a un futuro autore? Premetto che ognuno ha un suo stile e un suo metodo, le sue idee e un'eventuale dose di talento per cui è opportuno che ciascuno segua le proprie inclinazioni personali. L'esperienza la si fa da soli, scrivendo tanto, magari rifacendo ciò che si è già scritto e partecipando a qualche concorso letterario per mettersi alla prova. Comunque la prima cosa che raccomanderei è di cominciare a scrivere soltanto quando si è letto tanto e si ha una perfetta padronanza della lingua e della struttura sintattica delle frasi. Senza le basi si possono pure avere ottime idee per la trama, ma si rischia di non saperle tradurre efficacemente in parole scritte. E poi suggerirei di rileggere cento volte ciò che si è creato, senza accontentarsi mai, anzi cercando di migliorarsi costantemente. Mi capita abbastanza di frequente di ricevere lavori di persone che mi chiedono un parere "spassionato", il che, devo ammettere, non è che mi esalti. Giudicare i lavori di altri per me non è il massimo, occorrerebbe essere spietati e io non ci riesco quindi, alla fine, le mie valutazioni risultano troppo edulcorate per poter davvero essere utili. In ogni caso ho trovato quasi sempre molte imprecisioni, errori dovuti alla superficialità e, soprattutto, l'illusione che basti una buona idea di base per avere già pronto un romanzo. Sarebbe come se uno che guarda tante partite di calcio alla tv ritenesse di essere un campione e di poter giocare a certi livelli senza allenarsi o imparare la tecnica sul campo. Purtroppo non è così.

Barbara: Ti sei mai chiesto, cosa avresti voluto fare da grande?
Riccardo: Finalmente, dopo una vita passata a seguire un percorso che non mi piaceva affatto, ho potuto dedicarmi completamente alla scrittura e impegnarmi per farmi spazio in questo mondo difficilissimo che è l'editoria, profondendo tutte le mie forze col piacere di chi cerca solo di realizzare le proprie aspirazioni. Mi andrà bene, mi andrà male, questo non posso certo dirlo, però la strada è segnata e il tempo che mi resta so che lo passerò così. Vi garantisco che è già tanto, pensando allo spreco che ho fatto dei miei anni passati. Come mi direbbe Astore: gli errori si pagano, l'importante è comprenderli e cambiare rotta.

Tatiana: E concludiamo con un'ultima curiosità: hai già iniziato a pensare al prossimo romanzo? Ci sarà ancora Astore e magari puoi regalarci una piccola anticipazione?
Riccardo: Del restauratore ho già pronte sette avventure, l'ottava la sto scrivendo in queste settimane. Il quarto episodio della sua vita dovrebbe uscire l'anno prossimo e sarà un nuovo tormento per il nostro. Infatti, direttamente dal più cupo dei suoi incubi, tornerà a minacciarlo qualcuno che ha già incontrato nel "Giallo di via San Giorgio". Chi? Lo scoprirete solo leggendo...

Grazie Riccardo per il tempo condiviso con noi!
Al prossimo libro e tanti complimenti per le tue opere!



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